Se i poveri evangelizzano la Chiesa
Nel suo articolo del 26 agosto su Repubblica, Alberto Melloni ricordava che «bisogna andare alle origini del fascismo per trovare un gesto paragonabile, nella sua violenza sacrilega, a quello minacciato da Forza Nuova contro il parroco di Vicofaro don Massimo Biancalani».
Il parroco, molto impegnato nella accoglienza degli immigrati, aveva postato sui social le foto della visita in piscina di un gruppo di minori africani, che lui ospita. Come risposta, Forza Nuova ha annunciato la partecipazione alla messa parrocchiale di ieri, spiegando di voler «vigilare sulla dottrina di don Massimo».
I vescovi toscani, consapevoli di questo, hanno scritto un biglietto di unità e fraternità per rendere visibile la loro comunione con il Signore e fra di loro, manifestando «convinta condivisione dell’operato di mons. Tardelli nella difficile situazione in cui la comunità cristiana pistoiese si è trovata a vivere la testimonianza evangelica nel compito dell’accoglienza fraterna, nella difesa della dignità della persona umana, nel libero e sereno esercizio dell’azione ecclesiale in ambito dottrinale liturgico e caritativo».
È sembrato che si prefigurasse come una “occupazione della eucarestia”, che si fa sacrilegio e blasfemia. La posta in gioco è diventata l’eucarestia, che non è disposizione della violenza politica, ma giudica tutti: coloro che ne fanno strumento di ricatto e non la fonte che genera il servizio e la condivisione.
Non si tratta di difendere un prete, ma di porci in ginocchio di fronte a coloro che sono la carne di Cristo. Così ci ha insegnato papa Francesco nella eucarestia di Lampedusa. Egli presenta i rifugiati, i profughi e gli immigrati come la carne di Cristo, usando le formule della grande omelia al cap. 6 di Giovanni.
Ecco, la carne di Cristo ha il volto degli sfigurati della storia. Su questa via, che diventa la via crucis, incontriamo i derelitti del nostro tempo, davvero immagine del Cristo sofferente.
Dalla grande omelia di Lampedusa al discorso alla chiesa italiana di Firenze, il papa ha posto al centro l’eucarestia e i poveri, i sofferenti, i rifugiati e i perduti. Un unico mistero, che trova la sua fonte nell’eucarestia che forma la Chiesa e nella Chiesa che forma l’eucarestia.
Ieri in questa bellissima celebrazione eucaristica di Vicofaro è sembrato che si compisse come il primo passo della Chiesa italiana verso un rinnovamento ecclesiale che si fa condivisione, gioia, servizio fino a dare la vita.
È venuto il tempo che i poveri evangelizzino la Chiesa, come ancora ricorda papa Francesco.
La gioia delle persone si è espressa nelle parole e nei gesti di don Massimo, si è manifestata nella liturgia attraverso molti applausi. In questo modo si è narrata la gioia del vangelo e si è espresso il vangelo della gioia.
In chiesa non c’erano tifoserie, ma discepoli dell’unico maestro e figli dell’unico Padre. La comunità di Vicofaro (di Pistoia) ha compreso che non si opera per vincere, ma per riconciliare, in un cammino comune, che mette tutti in questione.
Nessuna polemica, nessuna fazione, nessun partito. Tutto univa in quella celebrazione, nei suoi canti, nell’omelia di don Massimo e nei gesti di carità. Anche quelli di Forza Nuova, a cui don Massimo ha dato la mano, come si dà a un fratello, quando entra in casa. Sono come “spariti” in questa celebrazione. Lo Spirito, che tocca il cuore di tutti i credenti, ha mostrato loro che altra è la strada del vangelo. È la via del perdono, della penitenza e della riconciliazione, del dialogo e della verità.
Non abbiamo bisogno di camicie, di colori, di gesti che rinviano alla violenza. La chiesa ospedale da campo condivide la gioia dei fratelli e pone segni e gesti per guarire dalla malattia delle malattie, che è l’odio, accoglie tutti i feriti, senza escludere nessuno, fino ai quattro angoli della terra.
Forse qualcuno ha cercato di usare la chiesa di Vicofaro per colpire la chiesa di Roma e il suo vescovo in un delirio di violenza ideologica, che non va sottovalutato.
Di fronte a coloro che agitano un fascismo cristiano, che si alimenta di paure, di ricatti, di ideologia, noi poniamo di fronte la pace e il vangelo, che come dice papa Giovanni alla fine della vita, sono «le armi di tutti i veri amici di Dio».