Il potere e la solitudine di Olivier Dubois

Al Ravenna Festival con “Les memorie d'un seigneur” il coreografo francese scandaglia con sapiente e potente sintesi di movimenti, attraverso il corpo di uno straordinario danzatore e la massa che lo circonda, i temi della paura, del giudizio, della colpa

L’avanzare lentissimo verso un tavolo dalla parte opposta della scena, in un buio appena rischiarato da una striscia di luce, è subito il segno forte di una visione perturbante. Un tempo lungo che svelerà le sembianze di un uomo con una barba lunghissima, segno di sovranità. Trono, podio, o cattedra, simbolo comunque di superiorità, quel banco metallico è l’unico elemento in scena. Con esso, salendovi sopra o rifugiandovisi sotto, accarezzato, circoscritto, capovolto, trascinato, il danzatore Sébastien Perrault ingaggerà un corpo a corpo di potente fisicità tra silenzi e suoni martellanti. Immerso in un sapiente gioco di luci caravaggesche “Les memorie d’un seigneur” è la storia di un’ascesa al potere, e della conseguente solitudine.

Per questo viaggio interiore e mentale nelle paure, fragilità, sogni, brame, follie, che si trasformano in megalomania e dispotismo, il coreografo Olivier Dubois, si è ispirato al “Caligola” di Camus e al trattato medievale “De morali principis institutione” del priore domenicano Vincent de Beauvais. Inizialmente vedremo il performer in un angolo a terra rantolare come un barbone, blaterare come un matto, tossire malato, carponi emettere guaiti; correre come fosse braccato; fino a quando, da delle fenditure sul fondo, sbuca una massa di uomini. Attorno al tiranno si muovono trenta interpreti – persone non professioniste selezionate sul territorio, di fisico ed età molto diverse –, che, dapprima immobili frontalmente, ansimanti e in pose plastiche di derisione, lo circondano, lo assediano, lo esaltano, lo allontanano, lo percuotono, gli urlano. Lui, brandendo una spada in un delirio di guerra che altro non è che un combattimento con se stesso, fende l’aria e agita la folla mentre questa corre impazzita da un punto all’altro del palcoscenico.

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Quella spada, simbolo forte di potere, usata anche come chitarra rock, diventerà ancora un bastone di pellegrinaggio trasfigurandosi in elemento di spiritualità, come se ad essa, strappata momentaneamente dall’accecamento della bramosia, l’uomo aspirasse a ritornare. Dividendo lo spettacolo in sette capitoli – Il tempo, L’ordine del mondo, L’insurrezione, La civiltà, Il teatrino del Tiranno, Il canto della guerra, L’addio –, il coreografo francese scandaglia con sapiente e potente sintesi di movimenti, attraverso il corpo dello straordinario danzatore e la massa plastica che lo circonda, i temi della paura, del giudizio, della colpa. Compone un affresco pittorico di grande forza visionaria per dirci che il potere è in chi lo concede e annienta chi lo possiede. Sfinito, infatti, alla fine dei sessanta minuti, dopo che quella tribù inferocita che lo ha percosso sommergendolo al nostro sguardo si accascia infine esausta, rotola a terra, si alza e scompare, lui, rimane solo nel silenzio totale.

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“Les memorie d’un seigneur”, creazione di Olivier Dubois, interprete Sébastien Perrault, musica Francois Caffenne, lighting design Patrick Riou, costumi Chrystel Zingiro. Prosuzione Ballet du Nord/CCN Roubaix Nord – Pas de Calais. Al Ravenna Festival.

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