Il potere dei soldi
Chi ha ricchezze e le usa solo per sè stesso diventa una rovina anche per chi gli vive intorno, e muore nella solitudine. La scena in cui il vecchio Jean Paul Getty si sente male nella notte, chiede aiuto senza trovare nessuno e si adagia in poltrona con in mano una delle amate opere d’arte è di una potenza rara. Ed è forse l’acme del film di Ridley Scott Tutti i soldi del mondo, che racconta il rapimento nel 1973 del nipote del magnate del petrolio, John Paul III, la sua liberazione e la tensione acuta per arrivare a trovare i soldi da parte della madre, dopo il rifiuto del nonno di separarsi dai suoi denari. Ed è qui che la mano del regista si dimostra felice, narrando la grettezza dei potenti, la disperazione e il coraggio di una madre, l’aiuto di un duro come il detective a cui il cuore man mano si scioglie e il terrore del ragazzo imprigionato dalla mafia. A Scott interessa scavare sulla psiche dell’avarizia di un uomo per il quale i soldi valgono più degli affetti familiari che lo hanno deluso. Un ritratto della durezza di cuore agghiacciante, grazie all’interpretazione magnifica di Christopher Plummer. È il ritratto di una infelicità di fondo che diventa crudeltà e che si diffonde intorno.
Il film svela in questo modo le sue due anime. Da una parte l’indagine sulla vita interna di una famiglia in preda al disamore reciproco a causa del denaro, e dall’altra il racconto, ricco di suspence (ma a tratti prevedibile e con l’immagine amata dagli americani di una Roma bellissima, della mafia primitiva e della polizia nostrana poco efficiente) della liberazione del ragazzo. Che queste due anime sempre combacino perfettamente, non si direbbe. Forse la regia dà il suo meglio nei ritratti dei personaggi, nella tragedia familiare, cui danno vita le interpretazioni di Michelle Williams (la madre Gail), Mark Wahlberg ( il detective) e di Romain Duris (il bandito). Come pure nel ritmo svelto, incalzante del racconto, focalizzato su volti e su ambienti, dalla caverna della prigionia alle fastose sale dei palazzi.
Pittorica la fotografia di Dariusz Wolski e perfetto il commento musicale di Daniel Pemberton che miscela toni da melodramma mozartiano e verdiano di tesa drammaticità.