Portogallo: imprevista vittoria socialista

Dopo la giornata elettorale di domenica 30 gennaio, nella mappa politica del Portogallo, anche se con diversa intensità, prevale il rosso del Partito Socialista. Solo l’isola di Madeira mostra l’arancio del Partito Socialdemocratico. Un tale successo consentirà ai socialisti di governare da soli, senza gli ostacoli che durante la passata legislatura ogni tanto sorgevano con gli alleati di governo. Avere la maggioranza assoluta è certamente più comodo.
Dopo aver dovuto anticipare le elezioni generali, cioè eleggere i membri che comporranno l’Assemblea della Repubblica, per il venir meno della fiducia da parte degli alleati di governo (Blocco di sinistra e Partito comunista) che avevano rifiutato il bilancio preventivo elaborato dai socialisti, Antonio Costa non si aspettava di essere rieletto a maggioranza assoluta. Anzi, i sondaggi di ogni tipo e tendenza prevedevano un risultato di pareggio tra Costa e il socialdemocrata Rui Rio. Ora invece, una volta costituita la nuova assemblea parlamentare tra il 13 e il 22 febbraio (dipende dall’andamento dei conteggi nella Commissione nazionale per le elezioni), Costa, con 117 seggi, si troverà di fronte altre sette forze politiche che insieme raggiungono appena 109 seggi (ce ne sono 4 ancora da assegnare).
È la seconda volta che il Partito socialista raggiunge la maggioranza assoluta: era accaduto anche nel 2005 con José Socrates. A fronte, le forze della destra hanno “comodamente” vinto ben quattro volte, ma ormai è storia passata. Non è però così lontana la zavorra che pesa sui socialisti nella figura di Socrates, ancora in attesa di un processo per diversi reati di corruzione durante il suo mandato. Nonostante ciò, sembra che gli elettori abbiano offerto una nuova opportunità ai socialisti, per verificare quanto ha dichiarato Costa nella notte elettorale: «La maggioranza assoluta non è potere assoluto, non è governare da soli, è responsabilità di governare per tutti i portoghesi», aggiungendo poi un’affermazione che certamente non a tutti sarà piaciuta: «Uno dei miei obiettivi è riconciliare i portoghesi con la maggioranza assoluta e con il fatto che fa bene alla democrazia». Come figura politica, poi, Costa ha la possibilità di diventare il Primo ministro in carica più a lungo da quando la Rivoluzione dei garofani (1974) ha riportato la democrazia nel Paese, superando il primato del socialdemocratico Aníbal Cavaco Silva, che ha governato per 10 anni, tra il 1985 e il 1995.
Un fattore che gli analisti non hanno saputo ancora spiegare del tutto è la partecipazione più alta di quella che in Portogallo è abituale. «La partecipazione alle elezioni supera quella delle ultime cinque elezioni», annunciavano i titoli dei quotidiani prima ancora della fine della giornata elettorale. E ciò è accaduto pur in mezzo alle difficoltà imposte dalla pandemia. C’è ancora da capire se il voto utile della sinistra e la frammentazione della destra siano l’unica chiave di lettura del successo di Costa, oppure se ha influito anche la stanchezza pandemica. Oltre un milione di portoghesi era confinato in casa il giorno delle elezioni. Per loro sono state abilitate alcune misure per facilitare la possibilità di votare, e secondo i dati di partecipazione, sembra che le misure siano state efficaci. Marcelo Rebelo de Sousa, presidente della Repubblica, nel tradizionale messaggio pronunciato il giorno prima delle elezioni aveva detto che si trattava di elezioni «diverse», che «la pandemia, la fatica e il conformismo sono argomenti da non scegliere», che andare a votare «è un modo per dirci che siamo vivi, e che nessuno può zittire la nostra voce».