Pompei riapre il 26 maggio

Riapre martedì 26 maggio il Parco archeologico di Pompei, la cui “seconda vita” è stata assicurata dal Grande Progetto avviato nel 2014. Una storia affascinante, ora ripercorsa dal direttore in un volume.

Pompei al tempo del coronavirus, fase 2. L’antica città sepolta dal Vesuvio – secondo sito più frequentato d’Italia – sta per accogliere nuovamente il suo pubblico, dopo altri musei e siti archeologici d’Italia. Martedì 26 maggio l’annunciata riapertura con accesso contingentato e le necessarie cautele per la sicurezza del pubblico e del personale.

Pompei che, a conti fatti, avrò visitato almeno trenta volte senza mai abbracciarla del tutto. Intanto però, durante l’isolamento dovuto al Covid-9, ci sono tornato più volte col pensiero e l’ho ammirata surrealmente deserta e silenziosa, rivestita di una bellezza che non le conoscevo. Cessata l’invasione internazionale e caciarona dei visitatori, l’ho immaginata frequentata nuovamente dai suoi veri abitanti: personaggi d’élite come la patrona dei lavandai Eumachia, il candidato edile Giulio Polibio, il banchiere Lucio Cecilio Giocondo, la proprietaria di una “villa urbana” Giulia Felice, il facoltoso Marco Obellio Firmo; beniamini delle folle come il gladiatore Marco Attilio; o gente del ceto più umile come l’addetta al servizio in una locanda, Asellina. E tanti, tanti altri i cui nomi – scolpiti o dipinti – campeggiano negli edifici pubblici, nelle necropoli, nei manifesti elettorali o semplicemente graffiti sulle pareti delle domus. L’ho immaginata, Pompei, pronta a ripresentarsi al meglio, come la natura primaverile dopo il sonno invernale. Grazie al lavoro mai interrotto di quanti, in questa pausa forzata, hanno continuato la manutenzione ordinaria e i lavori di restauro, mentre negli scavi qualche randagio erede dei cani alla catena raffigurati a mosaico la faceva ormai da padrone.

Pompei, Franceschini in visita agli scavi

Ma a parte la fantasia, uno stimolo a reimmergermi nella vita pompeiana mi è venuto dalla lettura di un recente volume sulla città del mio cuore. Ancora un altro? – dirà qualcuno –. Se è già sterminata la letteratura esistente sull’argomento! Sì, ma questo edito da Rizzoli, Pompei. Il tempo ritrovato, non è un libro come tanti. Già di per sé è significativo che l’autore, il prof. Massimo Osanna, sia oggi al secondo mandato da direttore di un sito che dopo aver segnato l’inizio della ricerca archeologica europea continua a «restituire conoscenza ed emozioni, a ispirare sperimentazioni scientifiche, pensieri, mode, costumi, atteggiamenti, e ancora letteratura, musica, arte». E poi è il primo ed esauriente bilancio della nuova stagione inaugurata – dopo i famigerati anni dei crolli – dal Grande Progetto Pompei avviato nel 2014: «un piano generale di misure in grado di migliorare decisamente il livello generale di sicurezza strutturale, nonché i servizi e il piano di fruizione» di quello che Chautebriand definiva «il più meraviglioso museo della Terra»; e al tempo stesso è il primo testo che documenta le importanti scoperte degli ultimi anni, restituendoci “il tempo ritrovato” di uno dei quartieri dove da decenni gli scavi erano stati interrotti: la Regio V.

Bonisoli a Pompei: una nuova incisione cambia la data dell'eruzione del Vesuvio

Corredato da immagini inedite, il volume, pur mantenendo l’approccio scientifico, ripercorre con piglio divulgativo per il grande pubblico la lunga vita di Pompei (dal VII secolo a. C. al I secolo d. C.), «con i suoi santuari, i suoi spazi urbani, il fervore di attività che contraddistingue ogni città mediterranea, la sua quotidianità», racconta l’inizio degli scavi ufficiali nel 1748 dopo un secolare oblio, i vari criteri di indagine e le scoperte nell’arco di due secoli, i celebri calchi delle vittime, gli anni del degrado e infine gli interventi di salvaguardia dei nostri giorni che hanno reso nuovamente accessibili al pubblico decine di domus, insieme a tante altre novità che, come da uno scrigno inesauribile, l’antico centro vesuviano non cessa di elargire. Caratterizza l’operato di Osanna la tutela del sito condotta con un team di validi collaboratori e un approccio interdisciplinare; tutela costantemente accompagnata dalla ricerca in sinergia con università italiane e straniere, e dalla tempestiva comunicazione mediatica che ha riportato sì Pompei alla ribalta, ma in positivo rispetto all’epoca degli scandali (veri o presunti) dovuti ai crolli: non a caso la città ha registrato negli ultimi anni un vero boom di presenze con i suoi oltre tre milioni di visitatori.

Riguardo alle nuove indagini nel quadrante nord-orientale della città, rese necessarie dalla messa in sicurezza dei fronti di scavo precedenti, l’autore dedica ad esse ben cinque capitoli dei dieci che compongono l’intero volume. Veniamo così introdotti nel vicolo dei Balconi dove si affacciano due nuove domus riemerse dalle ceneri e dai lapilli con i loro affreschi, mosaici e oggetti quotidiani: la Casa del Giardino e la Casa di Orione. Nella prima un graffito su una parete confermerebbe l’ipotesi di quanti spostano la data dell’eruzione, tradizionalmente fissata al 24 agosto del 79 d.C., a ottobre o novembre. Recita infatti l’iscrizione, opera forse di uno schiavo: «Sedici giorni prima delle calende di novembre hanno preso nella dispensa olearia…». La seconda domus, quella di Orione, prende nome dall’eroe figlio di Poseidone, dotato di statura, forza e bellezza straordinarie, grande cacciatore di fiere e grande viaggiatore, assunto poi in cielo come costellazione cara ai naviganti, cui fanno riferimento due mosaici raffiguranti momenti diversi del suo ciclo mitico. Testimoni, forse, degli interessi astrali di uno dei proprietari della domus, questi mosaici costituiscono un unicum restituitoci da Pompei, in assenza di altre rappresentazioni iconografiche di tale mito.

Pompei, Franceschini in visita agli scavi

Spostiamoci ora dalla Regio V a sud-ovest. Qui, sullo strato di scorie vesuviane che coprì il selciato della via fuori Porta di Stabia, i nuovi scavi hanno rivelato i solchi dei carri fuggitivi durante l’eruzione e, su un sepolcro riportato alla luce, la più lunga iscrizione rinvenuta finora a Pompei: un testo importantissimo sia per la quantità di dati forniti circa la vita pubblica di un personaggio dell’élite pompeiana, reso benemerito dai suoi numerosi atti di munificenza – con ogni probabilità l’impresario di spettacoli gladiatori Gneus Alleius Nigidius Maius –, sia perché completa le notizie riportate da Tacito sulla sanguinosa rissa del 59 d. C tra pompeiani e nocerini che determinò la chiusura decennale dell’anfiteatro per ordine di Nerone e l’espulsione di quanti avevano partecipato ai tafferugli.

Pompei, città dalle molte vite: l’ultima, dovuta al Grande Progetto appena concluso, «esempio di eccellenza e di sperimentazione» cui è dedicata l’intera Appendice 2 del volume. Chiunque la visiti ne riporta un insieme di conoscenze, percezioni ed emozioni che variano da soggetto a soggetto. Lo stesso direttore Osanna confessa nell’Introduzione di aver delineato una “sua” Pompei, nel senso che «non sono riuscito a evitare l’emergere della passione e dello sguardo tutto personale con cui ho vissuto e ho operato a Pompei in questi ultimi cinque anni». E questa partecipazione esperienziale ad una straordinaria avventura archeologica non è uno dei pregi minori di quest’opera.

 

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