Poltrone e termometro politico
Un lettore commenta l’articolo di Benedetto Gui “Non mi dimetto”. «Occorre riqualificare l’etica pubblica e non sperare solo in una nuova legge elettorale».
Ho letto l’articolo "Non mi dimetto" di Benedetto Gui pubblicato su Città Nuova n.7.
Quello "dell’attaccamento alla poltrona" è un argomento che mi appassiona (e mi fa patire) tantissimo perché è un vero, palese, evidentissimo "termometro" del livello morale dei politici.
Penso ad Attilio Piccioni o Giovanni Leone, padri della Repubblica che coprivano cariche ai vertici dello Stato. Anche che solo perché "chiacchierati" posero fine definitivamente alla loro attività politica e tornarono a casa per sempre. Devono essere state decine e decine i politici che abbandonarono ogni attività per incrinature della loro immagine di uomini coerenti e leali.
Poi arrivò Craxi che, ha dato contributi importanti al nostro Paese, ma al contempo ha inventato anche il fatidico "non mi dimetto". Lunedì 9 Maggio ho partecipato a Padova al convegno su Luigi Gui, esempio di persona che faceva politica per dei valori. Non credo che una legge elettorale diversa, con preferenze libere, contribuirebbe a moralizzare la politica. Fino all’attuale legge elettorale (porcellum) la nostra, come tutte le leggi elettorali "normali" lasciava libera la scelta dei candidati, come negli altri paesi. Eppure questo non impediva a certi capipopolo marpioni, a certi prìncipi del voto di scambio, esperti di ogni corruttela di trionfare regolarmente e vincere sugli onesti.
Ora, Chris Lee, Guttenberg, la Alliot-Marie si sono dimessi spontaneamente dalle loro cariche solo perché nei loro paesi dare scandalo o anche il solo essere "chiacchierati" è moralmente riprovevole, squalificante ed alle prossime elezioni non ti è impedito di ripresentarti ma nessuno ti vota più. Se ti dimetti, se fai autocritica, guadagni un po’ di stima dinanzi all’opinione pubblica.
Non è questione di legge elettorale. Se in USA avessero il porcellum, nessuno forse si sognerebbe di candidare Chris Lee, reo di un peccato assai veniale rispetto alla condotta comune di certi nostri onorevoli. Il problema è, concordo con Benedetto Gui, che "l’unica speranza sta nei valori della gente comune". Credo che l’onestà dovrebbe tornare ad essere un valore, in Italia. E la vedo lunga, lontana ormai come prospettiva. Se "rubi" e la fai franca, oggi, non sei un disonesto corrotto indegno, ma uno furbo, uno che ci sa fare, un eroe.
Ricordo che realizzai con sgomento che ai tempi di Tangentopoli che le cronache dei giornali non prendevano le parti dello Stato contro i corrotti, degli onesti contro i disonesti, delle guardie contro i ladri, ma si teneva neutrale. Si può mai essere neutrali e non prendere le parti tra il bene ed il male, come dinanzi ad un match di boxe o di calcio. L’onestà, il sostegno della legalità non erano, già allora, considerati dei valori ma posizioni di merito.
È la morale pubblica, è il sentire etico dell’opinione pubblica che deve tornare ad essere quello dei tempi di Luigi Gui. È l’etica comune che va riqualificata come si tenta di fare quando si educano i giovani alla legalità. Quanti veri educatori ci vorrebbero in giro? Migliaia, in servizio permanente?
Roberto di Pietro