Polonia solo populista?
La vittoria nelle elezioni polacche di Beata Szydlo del partito dell’ex-presidente conservatore Kaczynski, e la sconfitta della premier liberale uscente Ewa Kopacz fanno pensare. Il fenomeno è ormai sotto gli occhi di tutti: l’Est europeo (propriamente il Centro ed Est europeo) ex-sovietico sta andando “a destra”, con partiti di chiara matrice cristiana, in ogni caso radicalmente anti-comunisti, euroscettici ed estremamente identitari. In Europa occidentale vengono definiti “populisti”. Ma non basta criticare, non si può assistere impotenti al fenomeno e nemmeno limitare i danni e far finta di non vedere. Bisogna cercare di capire i motivi di un fenomeno ormai generalizzato. Eccone alcuni, in una lista chiaramente non esaustiva:
primo, la profondità dei disastri antropologici “collettivisti” provocati dal socialismo reale nel cuore della gente e nella loro memoria storica;
secondo, la ribellione contro un’Europa burocratica che non capisce come la libertà conquistata a caro prezzo all’Est non possa essere consegnata senza reagire nelle mani delle lobby economico-finanziarie che dominano in Europa occidentale;
terzo, il bisogno di difendere le radici cristiane dell’Europa, mentre l’Occidente le ha escluse persino dalla Costituzione europea. L’entrata nella Ue di Polonia, Ungheria, Slovenia… non è stata sufficientemente sostenuta da idealità condivise, ma solo da motivazioni economiche;
quarto, quando un figlio cresce, vuole la propria indipendenza, ed è necessaria per una sua maturazione vera;
quinto, la crisi delle migrazioni sta mostrando quanto siano profonde le differenze tra gli stessi Paesi del Centro ed Est Europa.
Ieri il premier sloveno Mico Ceraral summit straordinario sull’immigrazione di Bruxelles ha detto che l’Unione europea stessa senza accordo avrebbe rischiato “di sgretolarsi”. Più che una minaccia credo che sia la lettura di una realtà. L’Ue deve ritrovare idealità comuni per sopravvivere.