Politica: il mondo ci guarda

Tutti i maggiori quotidiani dal mondo commentano il risultato delle elezioni italiane e le (incerte) prospettive di governo

Manco a dirlo, il mondo ci guarda. E del resto, nell’era della globalizzazione non potrebbe essere diversamente; e così le nostre elezioni fanno l’apertura di diverse testate online, spesso, ironia della sorte, accanto ai premi Oscar. I titoli, a onor del vero, si somigliano un po’ tutti: «Gli elettori italiani affossano il Centro e cavalcano l’onda populista», scrive il britannico Guardian; «Le forze radicali avanzano senza una chiara maggioranza», conferma El Paìs da Madrid; «Non emerge alcuna maggioranza, populisti in testa» (Le Monde, Francia); «Le elezioni italiane danno un grande impulso alla destra estrema e ai populisti» (The New York Times, Stati Uniti).

Secondo il Guardian, il punto da sottolineare è che «gli elettori italiani, tradizionalmente contrari al rischio, sono stati pronti questa volta ad affossare i partiti principali […] preferendo partiti un tempo considerati minoritari: e [..] qualunque sia il risultato finale, ha avuto luogo un incredibile spostamento nella maggioranza degli elettori italiani».

Il maggior quotidiano spagnolo non può che fare i paragoni con la situazione di casa propria, osservando come «dopo Spagna e Germania, il Paese dei 64 governi in 70 anni soffre le conseguenze della fine del bipartitismo e il chiarissimo avanzamento delle forze radicali. […] Si apre uno scenario complesso, il meno desiderabile per l’Ue, in cui le opzioni moderate si sgretolano nella terza economia della zona Euro»; e avanza poi una complessa analisi di quali siano le alleanze possibili per un governo, per quanto sia tutt’altro che scontato che si arrivi ad un tale risultato.

Anche Le Monde infatti usa più e più volte il termine “ingovernabilità”, sottolineando come «i partiti anti europeisti fanno il pieno»; e riferisce che Marine Le Pen è stata tra i primi a congratularsi con Matteo Salvini per l’ottimo risultato ottenuto dalla Lega.

Dall’altra parte dell’Oceano, il New York Times scrive che «gli italiani hanno espresso il loro disappunto verso l’establishment europeo, dando la maggioranza a forze politiche di estrema destra e populiste che hanno condotto una campagna nutrita dalla rabbia anti-immigrati»; e nota altresì come, mentre Macron e la Merkel sono riusciti ad arginare la crescita di movimenti politici di questa matrice che pur si è verificata in tutto il continente, così non è stato per l’Italia. «Il risultato – prosegue – sarà che l’Italia, uno dei Paesi fondatori dell’Ue, avrà un governo significativamente meno impegnato nel progetto di un’Europa unita», aprendo inquietanti interrogativi per tutto il continente. E infatti il belga Le Soir, in quel di Bruxelles, titola «Si conferma l’avanzata dei movimenti populisti», e invita alla cautela in uno scenario di tale incertezza.

Un taglio leggermente diverso lo dà il tedesco Die Welt, che dedica l’apertura al risultato ottenuto dal M5S come primo partito e in particolare a Luigi Di Maio, titolando «Sorge la nuova stella della politica italiana». Secondo l’articolista, «Di Maio ha snobbato l’establishment politico in Italia», e non esclude che, in uno scenario così incerto, sia proprio lui alla fine ad ottenere la nomina a presidente del Consiglio.

Diverso ancora il taglio dato dal russo Komsomol’skaja Pravda, che titola invece «Nelle elezioni in Italia è in testa la coalizione di Berlusconi»: e rimarca come gli affari italiani interessino in quel di Mosca, in quanto «per la Russia la Penisola è il quarto maggior partner economico» – tanto che, ricorda, «le istituzioni locali del Nord industrializzato d’Italia hanno spinto per la normalizzazione delle relazioni con la Russia». E proprio per questo a fare i titoli è Berlusconi, «l’imprenditore italiano più conosciuto in Russia», per quanto non candidabile né eleggibile; e il quotidiano tradizionalmente filogovernativo si chiede se ora cambieranno, e per il meglio, i rapporti tra Roma e Mosca.

Insomma, se mai ce ne fosse stato bisogno, queste elezioni sono la conferma che tutti noi dobbiamo oggi ragionare in un’ottica che va oltre i confini nazionali, anche quando votiamo per elezioni che riguardano tecnicamente soltanto casa nostra.

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