Politica italiana: è l’ora della responsabilità
L’ennesima, sconclusionata settimana della politica italiana ha “sdoganato” l’apertura della crisi di governo, tutt’altro che imprevista, contando le fibrillazioni della maggioranza giallo-verde. La crisi esplode in piena estate, nel bel mezzo di un percorso segnato da tappe impegnative (la manovra finanziaria su tutte), accompagnato dall’inesausto lavoro delle procure, che non smettono di giudicare continui casi del rapporto malato tra economia e politica, che chiamiamo alternativamente corruzione, malversazione, finanziamento, etc. e sul quale il profilo etico e libero delle nostre istituzioni non dovrebbe conoscere colore politico nel voler far luce piena e completa.
La crisi è esplosa, dunque, ed ora il quadro politico si divide tra coloro che vogliono elezioni subito e coloro che professano necessario almeno concludere una parte del lavoro dell’attuale Parlamento, depotenziato da tempo, con alcune qualificanti iniziative: il taglio dei parlamentari, magari una nuova legge elettorale (che ne sarebbe la diretta conseguenza, vista la modifica dei numeri e il ridisegnarsi dei collegi elettorali su scala nazionale), ma soprattutto la manovra finanziaria, che dovrebbe mettere in sicurezza i conti dello stato ed evitare il tanto temuto commissariamento da parte dell’Unione Europa, di cui l’Italia rappresenta uno tra i Paesi fondatori.
Ora la domanda che viene spontanea, quasi fosse una luce di riferimento per il popolo elettore, è la seguente: chi, tra gli schieramenti che si stanno prefigurando in questo momento, pare seguire una via di responsabilità e chi di irresponsabilità, gettando il Paese nella più grande incertezza? Se è normale pensare che non possa esistere una verità assoluta o un’unica soluzione, ugualmente si possono riscontrare alcune linee-guida, rispetto alle quali, da cittadini, dovremmo sentire la spinta ad uno sforzo concorde da parte della classe politica e dell’opinione pubblica.
- È responsabile accompagnare la crisi seguendo il più stretto profilo istituzionale. Va rispettato il ruolo del Capo dello Stato e la sintesi che questi farà ad un certo punto, se dovesse sentire i partiti all’indomani dell’effettiva caduta del governo e dopo le dimissioni del Presidente del Consiglio. Ma, da cittadini, da interessati agli avvenimenti della nostra società, alla salute della nostra economia, ad un certo sviluppo diffuso delle diverse zone del Paese, si ha diritto ad un chiaro dibattito in Parlamento, nel quale i partiti espongano le proprie ragioni, riferiscano al Paese le proprie proposte, al termine del quale si possa esprimere e/o votare democraticamente sulla cessazione di un esecutivo.
- È responsabile ed etico non ammettere ombre nella propria azione politica. Al termine del dibattito dovrebbe seguire una seria riflessione, che in caso di crisi sarà accompagnata dalle consultazioni al Quirinale. Riflettere significa non precipitare il Paese verso un’unica decisione: voto o non voto, voto subito o ‘governo istituzionale’ per concludere alcuni progetti qualificanti. La situazione è più articolata rispetto a come spesso la si offre ai cittadini-elettori, fruitori e animatori dei luoghi meno adatti al sereno dibattito politico, a cominciare dai social-network. È in ballo la salute, la sicurezza e il futuro del Paese. Non può esserci un pensiero politico unico in grado di sapere la via migliore verso la crescita, verso unilaterali ipotesi di cambiamento, verso il bene comune, sempre meno citato nel dibattito pubblico e dileggiato dalla leggerezza e superficialità con cui ragionano i nostri politici.
- È responsabile compiere chiare scelte di campo nel proprio posizionamento internazionale e strategico. Non può esistere un dibattito politico nel quale le principali forze partitiche non esprimono chiari intendimenti riguardo alla propria agenda internazionale. Definirsi pro o contro l’Europa (indipendentemente dalle necessarie modifiche che le principali istituzioni continentali devono perseguire); definirsi interessati estimatori o pervicaci oppositori di modelli autoritari (senza entrare nel merito degli strumenti utilizzati per garantire l’esercizio della democrazia); a favore di una politica ambientale capace di generare sviluppo senza mettere a rischio le prossime generazioni oppure no; etc. non rappresentano opzioni di dibattito o condizioni neutre, ma i punti sui quali il cittadino dovrebbe avere le idee chiare, potersi basare su un’informazione di qualità, compiere scelte lungimiranti.
- È responsabile non fare riferimento a momenti divisivi della propria storia nazionale. Troppe volte quando si sente dire che il popolo italiano, da sempre, è abituato all’uomo forte, all’uomo della Provvidenza, che possa da solo essere investito del compito di “raddrizzare” le sorti di un paese, di conoscere il bene comune al punto tale da saperlo esprimere politicamente, non si può non essere assaliti da un senso di sconforto. Al di là dei riferimenti storici al fascismo, il più delle volte impropri, basti dire che il sale della politica è il confronto, l’inclusione del diverso, la tutela forte degli ultimi, la presenza nel dibattito internazionale per sostenere progetti di sviluppo all’insegna dell’integrazione e del sostegno reciproco (quello capace di tutelare e armonizzare originalità e differenze), la tutela dell’ambiente e la ricostituzione, almeno parziale, di un ecosistema che si sta rapidamente deteriorando, mettendo a rischio il futuro delle prossime generazioni.
Per fare tutto questo, e molto di più, occorre una società aperta, un Paese forte, interessato a dibattere, amante di coalizioni capaci di integrarsi e rispettarsi per il bene comune, che come tale non può essere patrimonio di un solo uomo, di un solo partito, di una sola corrente politica. Potremo intestarci tutti una seria presa di responsabilità, per una vera crescita del Paese? Non è un percorso semplice, né breve. Per questo occorre cominciarlo ora.