Politica e ambiente nonostante Trump

Nonostante le promesse avanzate durante la campagna elettorale per le presidenziali Usa, è lo stesso mercato ad aver compreso la convenienza ad investire nelle fonti rinnovabili. A cominciare dal settore bancario
epa05682931 A Chinese man wears mask while another man covers his nose as haze covers areas of Beijing, China, 20 December 2016. Serious air pollution hit in China's 11 provinces and cities on 19 December while the PM2.5 (particulate matter) Air Quality Index (AQI) has nearly reached 500 on the early morning of 20 December in Beijing. EPA/WU HONG

Nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti, negli stati centrali di quel grande Paese probabilmente sono stati decisivi i voti dei lavoratori delle miniere di carbone a cui Trump aveva promesso di salvare il lavoro cancellando l’adesione degli USA al Trattato di Parigi, quello sottoscritto mesi fa da Obama, Xi Jinping ed Junker, volto a ridurre l’effetto serra che causa l’innalzamento della temperatura media del Pianeta, col risultato di siccità ed inondazioni sempre più intense, sperimentate ormai anche a casa nostra.

 

Trump davvero sconfesserà il trattato di Parigi?

 

Può darsi, anche se i suoi primi comportamenti non lo mostrano molto rispettoso  delle promesse elettorali: dopo essersi fatto votare scagliandosi contro i finanzieri affama popolo,  ha nominato suo ministro del tesoro Steve Mnuchin, manager della  banca Goldman Sachs, e Segretario di Stato Rex Tillerson, l’amministratore delegato della Exxon Mobil, la più grande multinazionale del petrolio, colui che, amico di Putin, ha firmato con la Rosneft uno dei più importanti accordi internazionali per la estrazione di idrocarburi nel nord della Siberia.

 

Si è all’assurdo che la maggioranza scontenta di un grande Paese decide di farsi governare proprio da quelli che normalmente accusa di sfruttarla!

 

Trump, estraneo alla classe politica, è portato a fidarsi di coloro che vivono nel suo ambiente, che sta reclutando, credo, non già perché così essi facciano meglio i loro interessi, ma perché li considera adatti a rendere con lui “l’America nuovamente grande”, come ha proclamato in campagna elettorale.

 

Si tratta, in effetti, di persone tutte di livello, avvezze a girare il mondo, informate sulla condizione dei vari paesi perchè in essi hanno filiali ed interessi economici, già in contatto in essi con quanti “contano”; di solito persone pragmatiche, a volte socie e a volte avversarie, ma sempre pronte a trovare un accordo se le si propone un “win win deal, un accordo vantaggioso per tutti.

 

Se queste persone gestiranno direttamente i rapporti tra i popoli non è che cambierà molto, perchè saranno gli stessi che in passato li hanno già nascostamente condizionati tramite le loro lobby: si tratta sempre dei soliti pochi “illuminati” accomunati dai loro affari quando non da un qualche altro tipo di legame riservato.

 

Che la loro azione avvenga più scopertamente potrà anche avere dei risvolti positivi, visto che molte delle guerre che insanguinano il Pianeta sono frutto di mancanza di rapporti e di scarsa conoscenza reciproca; una soluzione dei rapporti internazionali che sa molto poco di democrazia, essi sono affidati alla benevolenza di pochi,  eppure la gente elegge queste persone democraticamente,  Putin, Erdogan, Orban, Al Sisi, Maduro e molti altri: vox populi …..

 

Trump potrà indurre davvero un disastro ambientale? Per fortuna non avrà tutto quel potere, perché alla fine sarà il mercato, la convenienza economica a comandare: Trump potrà decidere che le miniere americane continuino ad estrarre carbone, ma poi si dovrà trovare chi quel carbone lo compera ed utilizza e questo avverrà secondo le regole della domanda e dell’offerta.

 

La domanda di combustibili fossili è oggi decisamente inferiore all’offerta: per la prima volta nella storia pochi giorni fa i paesi produttori di petrolio di tutto il mondo, non solo quelli dell’Opec, ma anche la Russia ed altri, anche quelli tra di loro avversari, hanno deciso di ridurre le produzioni pur di evitare il crollo del prezzo.

Malgrado la crescita dei consumi di energia per lo sviluppo dei Paesi asiatici, nel mondo si sta diffondendo la convinzione che ormai il futuro sia delle fonti di energia rinnovabili: si è praticamente raggiunta la parità di costo di produzione di energia elettrica da fonti minerali e l’energia solare eolica, presto anche con la fotovoltaica, mentre si prevedono notevoli riduzioni di consumo con la diffusione delle macchine ibride e della prossima disponibilità di quelle elettriche.

 

Tutto questo rende restie le grandi banche dal finanziare grandi progetti di estrazione di petrolio che prevedono un ritorno dei capitali in tempi lunghi: esse temono che qualche nuova scoperta tecnologica acceleri questo processo, rendendo meno certo il recupero dei loro capitali.

Così si inizia a preferire il finanziamento di progetti che puntano ad energie rinnovabili, di minore intensità di capitale e capaci di proiettarsi in modo più affidabile nel futuro: sarà sempre più difficile finanziare miniere di carbone o trivellazioni in acque profonde, anche se quelle in corso verranno completate: lo dicono i tagli nelle previsioni di spesa in tal senso delle multinazionali, certamente non dettate dal rispetto del protocollo di Parigi.

 

Sarò un ottimista, ma a me piace pensare al nostro Pianeta Terra come un organismo capace di difendere la propria sopravvivenza anche dalla sconsideratezza dei suoi abitanti, un organismo che sa ispirare ad alcuni di essi delle innovazioni, in questo caso energia sempre meno costosa, in grado di evitare i disastri che i suoi abitanti più avidi ed egoisti saprebbero provocare.

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