Polesine, il Tar blocca le trivelle
Due sentenze che dicono no: sono quelle emesse dal Tar del Lazio, che ha accolto i due ricorsi per l’annullamento del decreti del 29 marzo 2021 dell’allora ministero della Transizione Ecologica (oggi dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) e della Cultura, in base ai quali era stata autorizzata la richiesta di nuove estrazioni nel giacimento denominato “Teodorico” al largo del Delta del Po, presentata da Po Valley Operations.
La sentenza, giunta il 27 novembre, è – come sempre in questi casi – frutto di un percorso assai più lungo, e di due ricorsi distinti. L’atto era infatti stato immediatamente impugnato dall’Ente Parco coni Comuni di Taglio di Po, Ariano nel Polesine, Loreo, Rosolina, Papozze, Corbola, Porto Viro, Porto Tolle e Adria, insieme alla provincia di Rovigo; mentre su un altro fronte di erano mosse Legambiente, Greenpeace, Lipu e Wwf.
Comuni e associazioni, nei loro ricorsi, contestavano in primo luogo il rispetto delle normative europee in materia ambientale, dato che il Delta del Po, si cita nella sentenza, «è zona umida riconosciuta nel 2015 dall’Unesco come riserva di biosfera del programma Mab (man and the biosphere)»; e inoltre, ravvisa il Tar, il ministero dell’Ambiente «aveva a suo tempo proposto alla Regione Veneto e alle Regione Emilia Romagna l’individuazione di un sito marino di importanza comunitaria a tutela di specie protette davanti al Delta del Po», successivamente poi individuato con una delibera della Regione Veneto nel 2020. Fuor di burocratese, dunque: il ministero non poteva mettere gli interessi ambientali, peraltro già da esso stesso individuati, dietro a quelli economici ed energetici; permettendo le trivellazioni a meno di un km dai confini dell’area protetta.
La sentenza conferma anche poi la questione sollevata in merito ad una valutazione non adeguata dell’impatto delle trivellazioni sia sull’ecosistema che sul già noto problema della subsidenza, ossia l’abbassamento del terreno, che porta di conseguenza il livello del mare ad innalzarsi con conseguenze sia sugli insediamenti umani che sulle coltivazioni. Il Tar ha dunque accolto le contestazioni sollevate, e bloccato di conseguenza l’autorizzazione alle trivellazioni.
Naturale la soddisfazione di chi ha proposto il ricorso. I sindaci dei Comuni coinvolti hanno parlato di una scelta per «tutelare la sopravvivenza stessa di un territorio unico ma fragile, naturalmente vocato al turismo e non alle attività estrattive»; mentre la consigliera regionale Laura Cestari ha affermato che «schierarsi contro le trivellazioni in Polesine non significa essere contro tutte le trivellazioni. In Italia ci sono infatti giacimenti migliori e in zone più sicure. Non è vero che il gas davanti al Delta viene estratto da altri Paesi, si parla di altre zone dell’Adriatico. Esistono già altre fonti di energia in forte sviluppo come il biogas, il biometano, l’idrogeno e rinnovabili di vario genere. In un futuro più lontano, ci potrebbe essere anche una nuova tecnologia nucleare. Guardiamo con buonsenso anche a queste risorse. Il Polesine ha già dato tanto, troppo, e non può essere sacrificato per un “vantaggio” economico ed energetico praticamente inesistente».
Da segnalare anche che alcuni attivisti del delta del Po hanno portato, negli stessi giorni, la propria testimonianza al Raduno comunitario per la giustizia climatica che si è tenuto dal 25 al 29 novembre a Londra. «Dagli anni Cinquanta le estrazioni di gas da terra e mare hanno provocato l’abbassamento del suolo di tre metri e mezzo portando il Polesine sotto il livello del mare, con conseguente pericolo di inondazioni, e risalita del cuneo salino – ha raccontato Lucia Pozzato -. In pratica, i fiumi per 30-40 km alla foce sono ormai salati, è acqua di mare. Questo causa problemi anche al fragile sistema delle idrovore che vengono sempre più potenziate. Ma fino a quando? Qui ormai è molto difficile coltivare, non c’è acqua dolce nei canali e le radici delle piante, affondando nell’acqua salata, marciscono e si seccano. Negli anni Settanta si bloccarono le trivellazioni, perché già allora si capiva a cosa si sarebbe andato incontro. Nella primavera del 2022 ci unimmo nel comitato Polesine no Trivelle. Ora pare che il Delta del Po Veneto sia risparmiato dalle trivelle, ma le prospezioni e le trivellazioni si concentreranno più a Sud, a partire dall’Emilia Romagna, che è già stata sconvolta da alluvioni e dove colpisce la subsidenza. Mentre le spiagge vengono erose dal mare senza sosta».