Polemiche dopo la tragedia in Alto Adige
Il giorno prima della tragedia alla stessa ora sono stato nel luogo dove una bambina, la piccola Emily Formisano, ha perso la vita. Dalla Cima del Lago nero a 2070 metri, in provincia di Bolzano, la vista è mozzafiato. Si stagliano, da destra verso sinistra, pieni di neve e ghiaccio, le punte del Sasso Putia (2874m), il Gruppo Puez Geisler (3025m), il Sasso Lungo (3178m), il Sasso piatto (2964m). Non nevica da giorni, la temperatura segna circa 10 gradi sotto lo zero, il vento è impetuoso, ma le piste da sci sono tutte funzionanti e preparate con cura con la neve artificiale sparata dai cannoni e ben battute con i gatti delle nevi.
La pista per gli slittini è più a valle, nella stazione intermedia dell’ovovia. Ben segnata e delimitata da una staccionata di legno. È impossibile non distinguere una pista per slittini, è stretta, larga come la carreggiata di una macchina. Salgo a piedi da Pemmern Tre vie, a 1538 metri, e costeggio in salita la pista. Scendono ragazzi, genitori con bambini ad una velocità, per me, sfrenata. Con grande abilità poggiando all’occorrenza, mani o piedi a terra, gli slittini curvano con destrezza e scendono giù a valle.
La piccola Emily e la mamma Renata non scendono alla stazione intermedia, ma proseguono fino alla Cima del Lago nero da dove partono solo piste da sci e imboccano la più ripida, una pista nera con più di 40 gradi di pendenza. In parte ghiacciata. I miei due figli adolescenti provano a scendere con gli sci. Uno cade immediatamente. Troppo ripida e veloce per uno sciatore ancora non esperto. L’altra figlia si rende conto della difficoltà. Si toglie gli sci e scende a piedi tenendosi alla rete di protezione arancione laterale per un chilometro fino alla stazione intermedia da dove partono piste azzurre e rosse, per lei più adatte.
La signora Renata Dyakowska, 38 anni, di origine polacca, con la figlia Emily di 8, imbocca direttamente la pista nera, sicuramente per errore. Prosegue in una corsa irrefrenabile per 500 metri, senza riuscire a frenare e alla prima curva procede dritta per uno scontro violentissimo e fatale contro un albero fuori pista. La bambina è morta sul colpo. La mamma versa in gravi condizioni in ospedale a Bolzano. Un’altra tragedia con lo slittino era avvenuta nel 2012 sulla pista della Croda rossa, a Sesto Pusteria dove aveva perso la vita un ragazzo di 14 di Roma: Romano Campiti.
Dopo la tragedia le indagini e le polemiche
Dai primi accertamenti del pm che conduce l’indagine risulta che il cartello che indica l’inizio della pista nera fosse solo in tedesco, mentre l’avviso esplicativo verticale con il simbolo di divieto alle slitte sarebbe stato posto più in basso, a circa cento metri sotto, a discesa già iniziata. La procura di Bolzano ha iscritto nel registro degli indagati il responsabile della società che gestisce il comprensorio sciistico del Corno del Renon e la signora Renata Dyakowska.
Per quanto riguarda la polemica politica il consigliere provinciale Alessandro Urzì (L’Alto Adige nel cuore Fratelli d’Italia), si auspica che «cambi radicalmente l’approccio verso il tema del rispetto della lingua italiana con la nuova giunta», mentre secondo il consigliere comunale di Bolzano Claudio Della Ratta (Pd), «è paradossale che, con tutti i turisti italiani che frequentano le piste altoatesine, si pensi sia sufficiente apporre dei cartelli solo in lingua tedesca».
La storia narra che è una diatriba antica mai del tutto risolta. Accenniamo ad alcuni fatti. Il 10 settembre del 1919, dopo la Grande guerra, con il Trattato di Saint Germain il Tirolo a Sud del Brennero passa sotto la sovranità italiana. Il 15 luglio del 1923 Ettore Tolomei, sotto il fascismo, con i Provvedimenti per l’Alto Adige comincia la brutale italianizzazione della provincia, a cominciare dai nomi delle località.
Le scuole in lingua tedesca diventano clandestine. A Bolzano arrivano migliaia di operai e famiglie italiane a partire dal 1937. Dopo la caduta del fascismo, fino al 1953, diversi dirigenti della Svp, la Südtiroler Volkspartei, in italiano Partito popolare sudtirolese, denunciano il fatto che il governo italiano prosegue l’italianizzazione del Sudtirolo, sebbene non più con i metodi violenti del fascismo.
Dal 1958 i rappresentanti sudtirolesi nel Consiglio regionale cominciano ad intervenire solo in tedesco. Si transita per la stagione delle bombe, prima tedesche, dopo italiane che terminano solo alla fine degli anni ’80.
Nel ’92 l’emanazione definitiva delle ultime norme di attuazione dello Statuto di autonomia sembra smorzare le polemiche, che riesplodono a Termeno nel 1997 quando il sindaco del paese decide di cancellare tutti i nomi italiani, compresi “via” e “piazza”, lasciando solo la dizione tedesca.
Oggi il bilinguismo è dovunque accettato, le contaminazioni sono sempre più frequenti e la Libera università di Bolzano offre corsi in tre lingue: tedesco, italiano e inglese. Il bilinguismo perfetto nella toponomastica è stato deciso definitivamente da una recente sentenza della Corte costituzionale.