Troppo (poco) umano. Il perturbante dell’intelligenza artificiale

La sempre più sofisticata somiglianza delle intelligenze artificiali con la mente umana risveglia in noi che la osserviamo sentimenti contrastanti e non sempre decifrabili
Intelligenza artificiale perturbante
Un robot che sembra una testa umana progettato da Ameca, interagisce con i visitatori durante la Conferenza internazionale sulla robotica e l'automazione ICRA a Londra, martedì 30 maggio 2023. (AP Photo/Frank Augstein) Associated Press/LaPresse

Sigmund Freud dedica nel 1919 un intero saggio al concetto di Unheimlich. È una di quelle parole composte che la lingua tedesca usa per restituire in immediatezza una sfumatura di sensazioni. Etimologicamente, è la negazione (un-) del familiare, dell’intimo, del domestico (heim, che in tedesco significa “casa”). La traduzione italiana scelta dalla comunità psicoanalitica è stata: “perturbante”. Si riferisce a un sentimento di inquietudine o di disagio che deriva da qualcosa che è familiare e allo stesso tempo estraneo o sconosciuto; uno spaesamento – come se le solite coordinate di quanto ci sta attorno ondeggiassero, per un momento, facendoci perdere l’equilibrio interiore.

Il perturbante si manifesta dunque quando ci troviamo di fronte a oggetti, situazioni o esperienze che sembrano familiari e riconoscibili, ma che possiedono in realtà qualcosa di sinistro o angoscioso. Nel 1970, l’ingegnere e psicologo giapponese Masahiro Mori ha voluto studiare questo effetto nell’incontro tra essere umano e umanoide, robot con fattezze umane. Nel suo articolo The Uncanny Valley (“La valle del perturbante”), Mori dimostrò che, all’aumentare della somiglianza tra un robot e un essere umano, la nostra reazione emotiva si fa sempre più positiva ed empatica, ma solo fino a una certa soglia – superata la quale, l’immedesimazione si trasforma in repulsione e turbamento. Questo perché anche di fronte a un realismo sofisticato, basta un dettaglio inumano (come lo sguardo inespressivo, il modo di parlare, il muoversi stereotipato) a far emergere quel turbamento ben descritto da Freud: un’esperienza che sfida la nostra percezione e mette in discussione la distinzione tra reale e irreale.

Recentemente, l’aggettivo “perturbante” è tornato di moda per connotare l’esperienza di quello strano dialogo che ora possiamo intrattenere con i modelli di linguaggio delle intelligenze artificiali, soprattutto dall’introduzione al pubblico di ChatGPT. Lo spaesamento qui deriva dalla sensazione di “parlare”, cioè di utilizzare lo strumento più umano che esista, con un indefinito che non sappiamo nemmeno se definire “qualcosa” o “qualcuno”. Una risposta che suoni fredda o macchinosa, senza quella comprensione emozionale profonda che avvertiamo immediatamente in una conversazione umana, può rappresentare un ostacolo per la “teoria della mente”.

In psicologia, la “teoria della mente” è la capacità umana di attribuire stati mentali (come credenze, intenzioni, desideri, emozioni) sia a noi stessi che agli altri, al fine di comprenderli. Tuttavia, quando ci troviamo di fronte a entità che si trovano in una zona ambigua dell’effetto “Uncanny Valley”, la nostra capacità di attribuire correttamente tali stati mentali può essere compromessa. Come facciamo ad attribuire un desiderio a ciò che ci sta di fronte, se sappiamo che non è umano? È davvero una conversazione, anche se lo sembra così tanto? Le incongruenze nel comportamento di queste entità artificiali rendono difficile per noi riconoscerle come esseri dotati di una mente e di un’esperienza soggettiva, creando quel senso di dissonanza e turbamento. Ma l’elevata somiglianza dell’interazione potrebbe legarsi anche a una nuova questione identitaria, sulla vera natura dell’esperienza umana e sulla nostra capacità di distinguere tra ciò che è autentico e ciò che è artificiale.

Oggi è impossibile prevedere quale sarà l’effettivo impatto delle intelligenze artificiali sulle nostre vite: possiamo solo ipotizzare che la loro presenza sarà sempre più pervasiva, e che dovremo quindi abituarci a una nuova forma di “convivenza”. Il sentimento di unheimlich, di spaesamento perturbante, che ci aspetta nel prossimo periodo, si muoverà lungo il confine tra familiare e desueto: dovrà crescere la nostra capacità di tollerare l’incertezza e di riflettere criticamente su quanto leggeremo e vedremo.

A cominciare, magari, proprio da questo articolo: siete sicuri che l’abbia scritto un essere umano?

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