Pnrr e trasformazione della scuola 4.0: rischio di fondi spesi male?

In vista del terzo Tavolo parlamentare organizzato da Città Nuova e Movimento politico per l'Unità, analizziamo le emergenze della scuola italiana che rendono necessaria una lucida gestione dei fondi del Pnrr per avviare un reale processo di modernizzazione in grado di contrastare la dispersione scolastica e le povertà educative
Scuola
(Foto: Pexels)

Pnrr e misure contro la dispersione scolastica e povertà educative. Questo è il tema del terzo Tavolo parlamentare organizzato il prossimo 23 marzo alla Camera dei Deputati da Città Nuova e Movimento Politico per l’Unità. Si tratta di un dialogo avviato da tempo tra associazioni professionali di insegnanti, dirigenti, studenti, famiglie, verso una Costituente della scuola, parlamentari di maggioranza e di opposizione, rappresentanti del Governo.

Lo scopo è avvicinare le posizioni su provvedimenti legislativi nell’ottica della sussidiarietà con le scuole dell’autonomia. In questi giorni i Collegi dei docenti hanno approvato i progetti per accedere ai fondi Pnrr destinati alla scuola 4.0. Si tratta di risorse ingenti: 2 miliardi, in parte per contrastare la dispersione scolastica, 1,3 per rendere le aule innovative e 425 milioni per laboratori dedicati a formare professionalità future. È lecito porsi una domanda: al termine della messa a terra dei fondi ci sarà una trasformazione qualitativa della scuola italiana?

Il nostro sistema scolastico presenta due emergenze: sul piano delle strutture e per quanto riguarda il personale. È urgente intervenire sul 37% degli edifici del Sud, su oltre il 50% nelle Isole, sul 23 % al Centro- Nord. Sul piano della sostenibilità energetica, il 60% delle scuole appartiene alle ultime due classi mentre solo il 6% si trova in classe A e B. Nel complesso il Pnrr destina 3,9 miliardi per l’ammodernamento delle scuole, a fronte dei 200 necessari secondo la Fondazione Agnelli. Il recupero edilizio rischia di rivelarsi modesto così come insufficienti le aule innovative. Si tratta di 100 mila aule innovative a fronte di oltre 368 mila classi. Solo 216 scuole-modello su oltre 40 mila sedi.

Altro problema fondamentale è quello del personale. Sottopagato ed insufficiente quello ausiliare, tecnico, amministrativo. I docenti, età media 51 anni, con una quota consistente di ultrasessantenni, sono tra i meno valorizzati in Ue, quanto a stipendi e sviluppo professionale. Troppo stress e burocrazia gravano su chi dovrebbe concentrarsi nel processo di insegnamento-apprendimento. Si rischia di perdere di vista, infatti, la stessa finalità della scuola.

Gli interventi del Pnrr si calano su una scuola che ha smarrito la funzione emancipatoria assegnata dalla Costituzione. Si è bloccato l’ascensore sociale. I fondi sono finalizzati all’inserimento lavorativo ma viene trascurata la funzione educativa. Non tutto è un propedeutico al lavoro futuro. Serve pensiero critico, non solo adeguamento all’accelerazione tecnologica. È lecito porsi dubbi sulla efficacia didattica delle innovazioni prodotte da aule chiavi in mano. Sappiamo infatti che nonostante quasi 2 miliardi spesi in innovazioni tecnologiche tra il 2014 ed il 2021, pochi sono, per indagine Ocse-Pisa, i ragazzi capaci di comprendere bene un testo. Giusto incrementare le discipline Stem ma occupiamoci soprattutto dei giovani diplomati non in grado di comprendere bene un articolo di giornale.

La dispersione scolastica è anche implicita. Per questi motivi è necessario utilizzare al meglio i fondi Pnrr, trasformare gli ambienti di apprendimento con la digitalizzazione. È importante però, per rinnovare davvero la scuola, che questi spazi e strumenti innovativi non facciano la fine di tanti laboratori di fisica, chimica, biologia che gli studenti hanno frequentato poco o mai nel loro percorso formativo.

La grande sfida di modernizzazione della scuola è nel valorizzare i docenti e nell’utilizzare effettivamente i nuovi spazi di apprendimento. La sperimentazione in laboratorio è fondamentale per l’apprendimento. Non basta approvare i progetti per il Pnrr, occorre condividerli con tutto il corpo docente, far diventare tutta la scuola un laboratorio, uno spazio in cui si fanno esperienze ed esperimenti, in cui si apprende facendo, senza paura di sbagliare o di fare errori. È un processo più difficile ma più efficace del semplice spiegare, ripetere e interrogare. Le risorse Pnrr sono molte, complessa la progettazione ma anche un’occasione di leadership per i Dirigenti scolastici, di capacità di pianificazione, progettualità, organizzazione ma soprattutto di mobilitazione di tutti i docenti, anche i più scettici, attraverso il lavoro di gruppo per un reale rinnovamento.

Il ministro Valditara sembra consapevole delle attese dei docenti: «Semplificare il lavoro stressante dei docenti. Puntare su scuole belle dove studiare ed insegnare sia piacevole… Occorre semplificare il lavoro dei docenti e trovare misure contro il burnout. La professione docente è stressante. Mi piacerebbe che ogni docente avesse uno studiolo arredato a scuola, una postazione con un PC, una libreria, dove poter preparare le lezioni, ricevere i genitori, fare ricerca. La scuola deve avere serenità nello studio e nel lavoro e deve essere accogliente. Stiamo preparando una indicazione agli Enti Locali per dare attenzione alla luce, ai colori, alla qualità del suono e della didattica negli Istituti» (Tecnica della Scuola, 7, 3.2023). Ovviamente questi obiettivi sono possibili solo se il Ministero valorizzerà effettivamente il lavoro dei docenti attraverso stipendi europei, formazione iniziale ed un servizio di qualità.

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