Plinio raccontato ai ragazzi

L’ultimo titolo della fortunata collana sui grandi scienziati della storia “Lampi di genio” è dedicato all’autore della “Storia Naturale”, best seller dalla classicità fino al medioevo e oltre
Foto Pexels

Per due motivi la figura di Gaio Plinio Secondo, meglio noto come Plinio il Vecchio, di cui ricorre quest’anno il bimillenario della nascita, è tra le più note dell’antichità classica. Primo: per la sua monumentale Storia Naturale, salvatasi dal naufragio di tanti altri testi della classicità perché rientrava perfettamente nel gusto enciclopedico dell’età medievale, comprese le sue curiosità, spesso tutt’altro che scientifiche, che ne fanno in parte anche un’opera fantasy. Secondo: per la sua tragica morte a Stabia durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., nel tentativo di portare soccorso alle popolazioni vesuviane sorprese dall’immane catastrofe. Non per niente, altruista fino alla fine, aveva sentenziato: «Divinità per un mortale significa aiutare un mortale». Il resoconto quasi giornalistico del suo ultimo gesto generoso ci è pervenuto in due celebri lettere inviate dal nipote Plinio il Giovane allo storico Tacito.

Plinio il Vecchio. Di Geoffrey – Cesare Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo Veneto ossia storia delle città, dei borghi etc., Milano 1859, Vol. III, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9466113

Scrittore e naturalista nativo di Como, ammiraglio della flotta imperiale romana a Miseno sacrificatosi al dovere, la sua vicenda che ha ispirato anche saggi e romanzi è ora raccontata anche ai ragazzi in Plinio e gli ultimi giorni di Pompei, 27° volume della collana “Lampi di genio”, fiore all’occhiello di Editoriale Scienza. Autore e illustratore di questa fortunata serie di biografie dei massimi scienziati della storia, tradotta in 28 lingue, è Luca Novelli, scrittore e divulgatore scientifico anche per la tv.

L’agile testo, che ha il pregio di condensare in un centinaio di pagine tutto quanto è bene sapere sul personaggio, è reso più accattivante dai simpatici ed essenziali disegni di Novelli e inizia col dare la parola allo stesso Plinio, che narra della sua passione precoce per gli studi e la scrittura («Mai un giorno senza scrivere qualcosa» il suo motto), delle sue imprese belliche, dei suoi trascorsi sotto imperatori ora benevoli ora ostili, della sua sconfinata curiosità all’origine dell’opera che lo avrebbe reso famoso nella posterità. Compendio dello scibile del suo tempo, manca in essa – vedi caso! – solo la citazione di quel Vesuvio che gli sarebbe stato fatale.

Segue un interessante “Dizionarietto storico e naturale”, che a partire da “Abaco romano” fino a “Vulcani” chiarisce al giovane lettore il significato di alcuni termini e illustra personaggi e luoghi incontrati nel testo. E ancora, troviamo un’”Intervista impossibile” a Plinio fatta da Novelli a Pompei. Un esempio? Alla domanda: «Ammiraglio, perché ha scritto la Naturalis historia?», l’interpellato risponde: «A Roma si era riconosciuti come persone eccellenti per due cose: per le vittorie militari e per le opere di scrittura. Grandi vittorie non le ho mai rivendicate e non mi sono mai cimentato a scrivere poemi e tragedie. Non era nelle mie corde. Ma raccontare la storia mi piaceva, la scienza anche. E la storia del mondo è straordinaria, come la diversità degli uomini, la varietà degli animali e i mille doni della Natura. Sono felice che la mia enciclopedia sia arrivata fino a voi».

Prima ancora però Novelli aveva detto la sua sull’opera in questione:

Plinio il Vecchio è spesso ricordato come primo martire della scienza. Ma Plinio è molto di più di uno straordinario esempio di curiosità scientifica pagata con la vita. Mentre il suo corpo riposa sotto le ceneri del Vesuvio, la sua enciclopedia si diffonde e si moltiplica nelle case nobili e nelle biblioteche. È la prima opera di divulgazione destinata a un largo pubblico. È copiata e ricopiata centinaia di volte.

Con i suoi 37 volumi e più di 2000 voci, la Storia Naturale sopravvive alla caduta dell’Impero Romano e agli anni più oscuri del Medioevo. Nei monasteri benedettini è usata come opera di consultazione per gestire l’orto delle piante medicinali e per trovare rimedi alle malattie più diverse. Nelle prime università è un libro di testo. Dopo l’invenzione della stampa, nel XV secolo, la Storia Naturale diventa uno dei libri di scienza più popolari, ispirando schiere di altri scrittori-divulgatori.

Oggi, 2000 anni dopo, molte delle notizie riportate appaiono curiose e fantastiche, ma in tutto il libro aleggia un’idea della Natura più che mai attuale: la Terra è madre di tutti gli esseri viventi e come tale va rispettata. Se viene ignorata o violentata, prima o poi ci ricorda quanto siamo fragili e precari su questo nostro piccolo mondo.

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