Pizzo dentro il carcere
Nell’ultima operazione antiracket arrestati anche due imprenditori che eseguivano lavori nel penitenziario Pagliarelli. Alla polizia si affianca il lavoro della società civile
Efficaci operazioni antiracket in Sicilia. La prima in provincia di Palermo, a Partinico città del clan Vitale e a Carini. Sono finiti in manette presunti appartenenti alle famiglie mafiose responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione ed estorsione aggravata ai danni di alcuni imprenditori edili.
Operazione della Polizia anche a Messina, dove sono stati arrestati sette esponenti di un’organizzazione che si occupava di usura, estorsioni e riciclaggio. Il tasso applicato dagli strozzini sui cosiddetti “prestiti” aveva interessi del 300 per cento. Per queste operazioni gli arrestati si servivano dell’appoggio di un esponente della locale criminalità, il clan Mangialupi.
L’ultima operazione di Palermo, chiamata “codice rosso”, ha portato a scoprire il pagamento di tangenti anche nella realizzazione di 300 alloggi da costruire all’interno del secondo carcere palermitano, il “Pagliarelli”
L’imprenditore Andrea Salvatore Impastato, già condannato per la sua vicinanza con Bernardo Provengano, l’8 maggio del 2009 viene intercettato durante una conversazione con un altro imprenditore, Pietro Manno. Impastato si lagna di incontrare parecchie difficoltà nel suo lavoro e chiede consiglio al suo amico che gli confida, e immaginiamo con quanta serietà, la sua idea. Manno sottolinea che non aveva rispettato la modalità, la prassi.
Impastato rimane perplesso ed è a questo punto che chiede a bruciapelo: “Lei sta lavorando a Pagliarelli? Il riferimento è ad un sub-appalto che aveva ricevuto Manno proprio per un’opera in via di esecuzione all’interno della struttura carceraria. In quella amena chiacchierata in un bar a Mondello, Manno confida a Impastato che, anche lui per i lavori all’interno del carcere aveva cercato i contatti per la “messa a posto” (cioè il pizzo). L’intercettazione continua con la meraviglia di Impastato: «Pure dentro il carcere?», chiede infatti. «Dappertutto!», sentenzia Manno.
Raccontata cosi, sembra il copione di una fiction televisiva neanche di prima serata. E invece è l’intercettazione telefonica tra due imprenditori edili a Palermo. «Non ci siamo mai illusi – ha dichiarato il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingoia che ha coordinato le indagini – che bastasse una operazione di polizia per smantellare il racket delle estorsioni. Il fenomeno è ancora vitale e capace di permanere sul territorio».
Ecco perché vanno sostenute tutte le iniziative di singoli e di gruppi, in Sicilia ma anche nel resto di Italia che si muovono nella direzione di creare e alimentare un processo culturale che possa accelerare quel che stanno facendo le forze di polizia. Certo, ha ragione Ingroia quando dice che non c’è da illudersi. Ne siamo convinti tutti che la battaglia è ancora lunga, che la legalità non è un “bene comune”, ma penso anche che operazioni repressive come queste possono, devono dare la spinta alla società civile, alla comunità ecclesiale,a tutti i cittadini la certezza che possiamo riconquistare, brano a brano, la nostra terra al “fresco profumo della democrazia”, come diceva Paolo Borsellino.