Più talk, meno show

La nuova austerity (anche oratoria) ha cambiato le abitudini di quelle arene in cui la parola diventava fino a ieri clava.
Lo studio di "Ballarò"

Li chiamavamo salotti tv, ma in realtà assomigliavano a dei ring. Gli onorevoli ospiti ben pettinati e meglio vestiti sedevano in poltrona dando l’idea di prepararsi ad un civile dibattito, tra una tartina e un drink. Ma dopo aver strizzato l’occhio alle telecamere, aggiustata la cravatta e il trucco, terminate le presentazioni ed esauriti i convenevoli, piuttosto che ascoltarsi reciprocamente, cominciavano a darsele di santa ragione. Partivano parole dure come cazzotti in un corpo a corpo verbale fatto di «mi lasci parlare» e «lei mi ha già interrotto». Una sfiancante tiritera che finiva per confondere e irritare il telespettatore a casa, arbitro di una rissa in cui a vincere era colui che metteva l’avversario al tappeto e non piuttosto chi avesse esposto in maniera più convincente le proprie ragioni. In questa politica tv ridotta a boxe, la destra stava sempre di qua, la sinistra ovviamente di fronte. Uno schema in cui il talkshow finiva per rappresentare l’immagine plastica del bipolarismo rissoso all’italiana, l’uno e l’altro messi però in crisi dall’entrata in scena del governo dei tecnici.

La nuova austerity (anche oratoria) ha cambiato le abitudini di quelle arene in cui la parola diventava fino a ieri clava. Gli ultras dei partiti, un tempo avversari, si sono ritrovati (un po’ controvoglia) a parlare il linguaggio della concordia, facendo il tifo da curve opposte ma per la stessa squadra, quella dei professori di Monti, sostenuto da Pd e Pdl. È stato così che negli ultimi tempi il talkshow sembra aver perso parte del suo contenuto spettacolare (lo show) a tutto vantaggio però della parola (il talk). L’audience sembra risentirne, i dibattiti risultano all’apparenza un po’ più grigi come certi abiti del premier. Ma dopo anni di chiacchiere e pettegolezzi, urla e provocazioni si è tornati finalmente a discutere di problemi reali e soluzioni concrete. Di più. Sembra di nuovo possibile spiegare davanti alle telecamere il proprio punto di vista, per ascoltare poi, senza sgambetti, quello degli altri. La chiamano sobrietà, ma si direbbe più banalmente buona educazione.

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