Più spazio all’editoria libera

A conclusione del XXIV° Salone internazionale del libro di Torino, un bilancio con Giuliano Vigini, massimo esperto di editoria italiana
Vigini

Si è concluso lunedì 16 maggio la XXIVsima edizione del Salone internazionale del libro di Torino non senza qualche sano strascico o polemica, come quello sul ruolo dell’editoria cattolica nel panorama librario. Al di là di tutto, però, Torino si è confermata come un appuntamento unico per i lettori rispetto alle pur famose Fiere di Parigi o Francoforte che si caratterizzano per essere più dei veri e propri «bacini di compravendita di diritti». Quest’anno poi, grande rilievo è stato dato ai 150 anni dell’unificazione italiana, anche attraverso una mostra. Di questo ed altro abbiamo parlato con Giuliano Vigini, il maggior esperto di mercato del libro e famoso saggista.

 

L’edizione di questo Salone era dedicata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con una mostra dal titolo “l’Italia dei libri”, che ha suscitato qualche polemica per una lettura – secondo alcuni –, “devozionale” delle case editrici cattoliche. Qual è il suo punto di vista?

«Il problema di questa mostra è che ha cercato di rappresentare il percorso storico dell’editoria italiana fissando categorie che per certi aspetti potevano sembrare delle gabbie e quindi non c’è stata la possibilità di ricostruire tutto il percorso in modo compiuto e oggettivo. Per quanto riguarda l’editoria cattolica è chiaro che l’inclusione sia stata fatta un po’ all’ultimo momento e che gli editori non sono riusciti a curare per tempo i materiali, ma il problema vero è che non si può soltanto ridurre l’editoria cattolica all’editoria di tipo “confessionale". Naturalmente il fondamento dell’editoria cattolica resta il libro religioso, ma ormai si spazia in tantissimi campi che cercano di interpretare tutti i fenomeni della vita sociale e culturale del nostro Paese. Per questi motivi l’editoria cattolica avrebbe meritato uno spazio maggiore.

 

«Basterebbe considerare il ruolo che hanno avuto per la costruzione della cultura e dell’istruzione italiana editrici come La Scuola all’inizio del Novecento, o come Vita e Pensiero − la prima casa editrice universitaria che ha avuto poi un grande sviluppo −, ma anche case editrici come Morcelliana. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che attraverso la Morcelliana è arrivata gran parte della filosofia e della teologia contemporanea, soprattutto tedesca. Un  apporto che è valso anche in altri campi, come quello della letteratura. Pensiamo ad esempio a collane come Maestri della San Paolo o Il Grappolo dell’Istituto di Propaganda Libraria, cioè case editrici che adesso magari non sono molto conosciute, ma che nei tempi hanno contribuito a diffondere la letteratura straniera e − in questo senso −, a dare un contributo importante alla sprovincializzazione della cultura italiana.

 

«È attraverso queste case editrici che sono passati autori come Claudel, Kierkegaard, Chesterton ecc. Tocca a noi cattolici rappresentare l’editoria cattolica in tutti i suoi spettri, in tutte le sue articolazioni. Per questo penso che sarebbe importante, anche in occasione del 150° anniversario, creare una mostra, un convegno, un catalogo che possano illustrare tutto l’apporto che, dall’unità d’Italia ad oggi, è provenuto dall’editoria cattolica, non soltanto per quello che riguarda la diffusione del libro religioso, ma anche per la diffusione di testi di altri argomenti. Di questo dobbiamo farcene carico per farci conoscere».

 

Fitto come sempre, il calendario degli eventi, che quest’anno ha registrato una partecipazione più ampia di pubblico, grazie ad un numero maggiore di incontri dedicati alla saggistica rispetto alla narrativa. Si tratta di un segno di un rinnovato desiderio di approfondimento e riflessione?

«C’è sicuramente la richiesta da parte degli italiani di conoscere, approfondire certi momenti, certe figure della storia, ma c’è poi anche un istintivo desiderio − e una tendenza generale −, che si avverte anche nella narrativa, come nella saggistica, di seguire le mode, le tendenze, gli autori del momento. Siamo in presenza di una forte mediatizzazione dell’editoria e soprattutto di una sempre più intensa presenza di giornalisti nell’editoria.

 

«Il giornalismo librario è ormai un fenomeno consolidato e quindi tutto quello che diventa inchiesta, analisi, dibattito, polemica, curiosità, e che può essere raccolto attraverso i media − in modo particolare attraverso la televisione −, suscita poi anche nel pubblico una curiosità sia per l’autore sia per i temi trattati, tanto è vero che poi questi giornalisti e opinionisti ottengono anche risultati di vendita molto importanti. Direi che forse è salita la vendita di libri di saggistica, mentre è calata la vendita dei libri di narrativa in edizione normale; i tascabili riescono sempre a tenere, ma ci sono stati dei cali anche sensibili nella narrativa.

 

«Non so se questo sia un segnale, ma certamente bisogna registrarlo. Certamente l’offerta di eventi è stata alta; non direi che la gente è aumentata c’è stato piuttosto un lieve calo di presenze. L’affluenza, comunque, è stata sempre alta − intorno alle 300 mila persone −, ma evidentemente le persone hanno acquistato meno. Siamo in un periodo di rallentamento economico e quindi la gente è stata molto prudente negli acquisti oppure è stata orientata ad acquistare dei tascabili».

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