Più spazio alla scherma
Questo sport merita più spazio: non solo perché porta all’Italia medaglie olimpiche, ma perché ha dei valori autentici. Diego Occhiuzzi, 27 anni, napoletano, uno dei portacolori azzurri a Pechino, ha un entusiasmo coinvolgente nel raccontarci la sua avventura nella scherma. A sette anni, attirato da una manifestazione di scherma promossa nella scuola, aveva già il fioretto in mano. Per trovare poi nella sciabola, seguendo in questo la lunga tradizione napoletana, l’arma che faceva per lui: Un’arma molto più dinamica, più… disegnata per me! È cresciuto, sotto la guida del maestro Leonardo Caserta, al Circolo nautico Posillipo, una società che ha nella pallanuoto il suo fiore all’occhiello, ma che sforna talenti nella canoa, nel canottaggio, nel nuoto (oggi Rosolino) e, appunto, nella scherma. Come si arriva ad amare la scherma in un panorama dominato dal calcio? Anche io amo il calcio: da piccolo ho visto giocare Maradona a Napoli! Ma la scherma, poiché è uno sport individuale, fa vivere emozioni speciali, è… di una goduria unica rispetto, appunto, al calcio. Lì la vittoria si divide, qui tu sei l’unico ad aver vinto! Certo, è maggiore anche la delusione quando perdi, perché puoi dare la colpa solo a te stesso. La scherma è sport di sacrificio: nessuno ne parla, si vive anni lontani dai riflettori, nessuno ti conosce. Ma quando finalmente arriva il risultato, provi sensazioni uniche. Improvvisamente tutto il tuo lavoro è ripagato: da una medaglia o da un’intervista come questa. Sorrido. Credimi! Davvero è così, è verissimo!. Parliamo di Napoli, dei suoi problemi, del rispetto dell’autorità e della legalità. Ci vuole altro che la scherma per risolvere i problemi di Napoli… Ma la scherma può dare un contributo, un contributo a cui credo molto. Dopo Pechino vorrei parlarne col presidente del Napoli, De Laurentis, l’unico che può aiutarci a portare al- la scherma più ragazzini possibile. Ho un progetto da presentargli: portare il mio sport nelle scuole, nelle zone più popolari, per aiutare i ragazzi, soprattutto i più piccoli, per farli crescere con ideali diversi da quelli attuali, per educarli ad amare uno sport, ad uno spirito di sacrificio. La scherma porta valori umani enormi, come il rispetto delle regole e dell’autorità. Nella scherma c’è il maestro, come nella scuola, ma c’è anche l’arbitro che deve giudicare la tua azione e la cui decisione va rispettata. La scherma insegna a rapportarsi con le persone, ad accettare il verdetto degli altri. Ma ciò che più mi affascina in questo sport è che i sacrifici che si fanno, prima o poi, vengono ripagati: e questo è stupendo!. Di sacrifici, Diego ne ha fatti molti per qualificarsi ai Giochi: È vero, abbiamo vissuto degli anni difficili. Nonostante i successi in ambito giovanile, il precedente commissario tecnico non credeva in noi. Ma abbiamo continuato a lavorare, pensando al futuro. Ora è arrivata l’Olimpiade, il sogno di una vita. Se poi arriva anche una medaglia, tutto diverrà speciale. Ma già esserci è tanto: questo risultato dà valore a tutti sacrifici che ho fatto. Occhiuzzi gioca anche in una squadra di calcio, la No fair-no play, squadra che gioca le cosiddette partite del cuore, quelle di beneficenza, puntando sul fair play: In ogni sport è fondamentale trovare qualcosa che faccia capire che, alla fine, si tratta di un gioco. Non si può andare allo stadio e vedere solo violenza. La scherma è uno sport in cui il fair play è vivo, dove siamo davvero tutti amici e volere il male dell’avversario non ha senso. Diego è iscritto a Giurisprudenza. Intanto, a Ischia, sta per aprire, con il fratello, un bed & breakfast. Dove vedi il tuo futuro? Oggi il mio futuro è uno solo: vincere le Olimpiadi! Tutto quello che viene dopo va bene. Non penso troppo al futuro, ho sempre creduto che nella vita le cose possono cambiare da un momento all’altro. Alle Olimpiadi lo attendono le sfide nella sciabola individuale ed in quella a squadre, nella quale Occhiuzzi si esprime al massimo: È vero, nelle gare a squadre (nell’individuale si vince con 15 stoccate, a squadre con 45, alternandosi per 5 punti a testa, ndr) spesso non vincono le squadre più forti sulla carta, ma quelle più amalgamate, più unite fra loro. Oltre ad aver dato il mio individuale contributo tecnico, andando d’accordo un po’ con tutti, credo di aver fatto in questa squadra anche da collante, contribuendo ad amalgamare le persone: negli ultimi due anni e mezzo abbiamo fatto belle gare a squadre, centrando l’obiettivo della qualificazione olimpica. Alcuni dissapori si sono spenti e vogliamo mantenere questo clima fino alle Olimpiadi. Non è facile capire cosa significhi gioco di squadra in una disciplina individuale: È fondamentale essere una squadra nel vero senso della parola. Quando indossi la maschera, davanti a te vedi l’avversario, ma quando ti giri vedi i compagni e lì qualcosa scatta dentro: la voglia di vincere per tutti, la sicurezza di tornare in panchina e di avere il compagno di squadra che ti sostiene o che recupera i tuoi punti dopo che tu sei andato male. È troppo importante e troppo bello andare d’accordo ed essere uniti.