Più dubbi = meno figli?
Arrivano i barbari, si salvi chi può... A proposito di scontri di civiltà.
Siamo alla fine d’un epoca? Abbiamo alla porta grandi mutamenti che rievocano lo spettro delle invasioni barbariche? Questo termine ricorre assai spesso ultimamente, tanto che alcuni interpretano i segni di cambiamento nella nostra società come il frastuono delle orde di Attila & C., che nuovamente avanzano sprezzanti, decise a demolire abitudini consolidate, a sovvertire e irridere stili di vita che sembravano intramontabili.
Sebbene non mi pare che sia ciò che sta accadendo – ma piuttosto il doloroso sfregarsi di culture fino a poco fa estranee che spesso non riescono ancora ad elaborare modi di stare assieme – una qualche riflessione pare doverosa. E cioè: la cultura non ha mai salvato alcuna società. Almeno nell’immediato.
La sofisticata società degli etruschi è stata schiacciata dai romani, che conquistarono anche le colte società elleniche; la potente società romana è stata poi devastata da popolazioni che ai loro occhi non sapevano che biascicare suoni quasi animaleschi, bar-bar, appunto, da cui “barbari”.
È vero che, con il passare del tempo, la cultura etrusca è sopravvissuta in Roma, quella greca ha addirittura trionfato, e la cultura romana è stata lievito delle società che nacquero dal disfacimento dell’impero. Per parlare solo dell’Occidente, ma analogo discorso si potrebbe fare per l’Oriente.
La cultura infatti, sebbene abbia in sé qualcosa di eterno – e proprio per quello che contiene di vero e di bello è destinata a durare –, non sembra essere in grado di reggere l’urto di nuove società, più rozze e più popolari, ma anche più determinate e più agguerrite. Più semplici, ma animate da una maggiore forza vitale. E che mettono al mondo più figli.
La cultura, ogni cultura, dopo un periodo aureo di splendore, coltiva infatti in sé l’inevitabile tarlo del dubbio. Indispensabile, il dubbio, ad estendere i confini della ricerca, ma, come contropartita, anche terribilmente corrosivo. E, per uno strano effetto, la dose di dubbio che una società alimenta in sé sembra essere inversamente proporzionale al numero di nascite: più dubbio meno figli, insomma.
Il presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, ha recentemente affermato: «O torniamo a uno sviluppo reale, basato su un’equilibrata crescita demografica, oppure si devono adottare stili di vita più sobri». Ma, dato che la storia insegna che nessuna società ha spontaneamente moderato il suo tenore di vita, la chiavi della storia, oggi come nei tempi passati, sembrano essere in mano a chi è spavaldamente in maggior sintonia con la vita. Non a chi ha più soldi o è più colto.