Più democrazia in Trentino

I cittadini si mobilitano per una legge di iniziativa popolare che prevede una maggiore partecipazione nella gestione della cosa pubblica
Più democrazia in Trentino

Sono molti i comitati apartitici nati in Trentino in questi ultimi anni. Anzi, si potrebbe dire che il Trentino è terra di partecipazione. Il Coordinamento Trentino pulito, i No Tav contrari alla tratta del Brennero, il Comitato referendario Trentino Alto Adige (22 mila firme raccolte per i referendum sugli stipendi dei politici), l’iniziativa Più Democrazia e Quorum Zero a Rovereto, il comitato Più Democrazia in Trentino e Firmalove costituiscono, oltre ai classici partiti, una forma importante, alternativa e non secondaria, di partecipazione attiva alla vita pubblica.
 
All’interno di questa vivacità partecipativa Più Democrazia in Trentino nel mese di luglio ha consegnato al presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, un disegno di legge di iniziativa popolare dal titolo “Iniziativa politica dei cittadini. Disciplina la partecipazione popolare, dell’iniziativa legislativa popolare, dei referendum e modificazione della legge elettorale provinciale". Non è tutto. Per presentare il disegno di legge, il comitato necessitava di almeno 2.500 firme. Ne sono state raccolte 4000; di queste, 3.985 regolarmente autenticate e certificate. Il 19 agosto, la proposta è diventata Disegno di legge n. 328/XIV di iniziativa popolare.
 
Abbiamo rivolto alcune domande ad Alex Marini, portavoce del comitato Più Democrazia in Trentino.
 
Perché è nato il comitato Più Democrazia in Trentino? In Trentino c'è poca democrazia?
«Per una serie di coincidenze alcuni cittadini sensibili al tema della partecipazione si sono messi in rete per costruire una soluzione diversa a quella proposta dai partiti. Il desiderio condiviso era quello di scrivere delle nuove regole del gioco dell’arena politica. In Trentino, come in altri luoghi, emerge con forza la necessità di riavvicinare e responsabilizzare la cittadinanza alle questioni che la riguardano».
 
Quali sono i contenuti principali del vostro disegno di legge?
«Fin dagli incontri per la costituzione formale del comitato e per la stesura dello statuto i tre pilastri sui quali è stato redatto il Ddl sono stati l’eliminazione del quorum, l’introduzione del referendum confermativo e di quello propositivo e l’elaborazione di nuove forme di partecipazione nel processo di formazione delle leggi e degli atti amministrativi a livello provinciale».
 
Questi contenuti rappresentano una reale necessità di cambiamento che proviene dal basso, dalla gente, o sono solo astratti concetti filosofici lontani dal sentire comune?
«Nei fatti lo scopo è quello di facilitare l’esercizio dei diritti politici dei cittadini ed invitare i rappresentanti politici ad ascoltarli. Abbiamo previsto istituti che producono decisioni popolari vincolanti ma anche altri strumenti e meccanismi che producono pareri, atti deliberativi o di indirizzo. Sono piuttosto i rappresentanti politici con la loro ipocrisia che vivono in un mondo lontano dal sentire comune, ma soprattutto dall’interesse comune. Il livello della politica è scaduto ed è evidente la necessità di elaborare nuove forme di fare politica dal basso, per il basso e con il basso».
 
Durante la raccolta firme vi siete sicuramente confrontati con i cittadini. È possibile riassumere le reazioni della gente comune e dei politici nei confronti della vostra iniziativa?
«Molti cittadini hanno sottoscritto con coinvolgimento la proposta. Purtroppo la fiducia nella classe politica e la speranza che questa permetta una riforma per il bene comune sono ai minimi livelli. Durante la campagna di raccolta delle firme una frase che ho sentito all’infinito è stata: “A cosa servono i referendum? Tanto poi i politici fanno quello che vogliono”».
 
Un commento all'attuale sistema democratico in Europa.
«Il sistema democratico a tutti i livelli ha bisogno di rimettere l’etica al centro. La politica non può essere una professione esercitata in uno spazio personale, bensì dovrebbe essere un servizio alla comunità – degnamente remunerato – offerto in uno spazio di ricambio frequente dei rappresentanti. Solo in questo modo i cittadini possono essere diffusamente ascoltati, coinvolti e responsabilizzati. In tutto ciò la società civile e i media hanno un ruolo cruciale».
 

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