Più buio di mezzanotte
Un buio profondo, un urlo disperato come quello del famoso quadro di Munch. È la realtà esistenziale di un quattordicenne di Catania con tendenze omosessuali, non accettate dal padre. Fugge di casa nel grande parco di Villa Bellini e si unisce ad altri giovani gay, che si dedicano alla prostituzione e ai piccoli furti. Un campionario squallido: eppure persone, sole e sofferenti, ricche di sentimenti e non violente. Bella la scena in cui tutti loro si accalcano al lato di una nave, su cui si affaccia una star della musica pop e canta con trasporto, portandoli a un'ovazione entusiasta. Ma poi tornano in scena i protettori, che tarpano ogni speranza. Il dramma arriva al massimo e ci fa pensare a quegli adolescenti omosessuali maltrattati che arrivano al suicidio.
Il regista ha spiegato che si è ispirato alla storia vera di un suo vicino di casa, Davide Cordova, e che ha ritenuto che ciò che aveva fatto soffrire lui, doveva vederlo anche lo spettatore per comprendere le sofferenze del protagonista. Ma, nonostante questo, ha desiderato parlarne con rispetto e usare una certa forma di pudore nel mostrare certi atteggiamenti scabrosi. Dalla storia vera ha eliminato i fatti così estremi da sembrare scritti e ha tenuto quelli più poetici, come i gesti affettuosi della madre che, ipovedente nella realtà e nel film, è diventata una metafora dell’incapacità di vedere cosa accade al proprio figlio. Il suo amore è importante, ma lei non sa opporsi al marito infuriato. Vien proprio da pensare che se ci fosse stato l’amore di entrambi e un’intesa reciproca, avrebbero capito cosa fare.
Regia di Sebastiano Riso; con Davide Capone, Vincenzo Amato, Micaela Ramazzotti.