Pittura come icona dell’anima

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Hildebrando Moguiê Alves, brasiliano, attualmente vive e lavora a Roma. Nei momenti liberi si dedica alla pittura. Moguiê ha un carattere introverso, silenzioso: nessuno immagina che dalle sue mani esca una produzione così esuberante e ricca. L’abbiamo incontrato nella capitale. Come sei arrivato alla pittura astratta? “Ho studiato Belle Arti, ho avuto una formazione classica passando attraverso l’arte figurativa. Ma è stato nell’astratto che ho scoperto il mio linguaggio pittorico personale ed il modo per esprimere i miei sentimenti”. Com’è vista la tua pittura? “Le mie esposizioni sono state ben accolte finora, posso dire che sono stato capito. Mi sembra che generalmente i miei lavori vengono accettati”. Dicono che gli artisti sono anticonformisti. Sei d’accordo con questa affermazione? “In generale gli artisti vivono in una intensa agitazione, sono persone che devono percepire l’ispirazione che non dà dei preavvisi quando sta per arrivare. Non è come in un ufficio dove si fanno dei lavori di routine. All’artista è richiesto sempre qualcosa di più e di diverso”. So che la pittura non è il tuo primo impegno. Gestisci, infatti, un centro di accoglienza del Movimento dei focolari, lavoro che ti prende molte energie. Solo la sera di dedichi alla pittura. Come riesci a conciliare le altre attività che svolgi col dipingere e organizzare delle mostre? “È un po’ complesso, sinceramente. Faccio il mio lavoro cercando di occupare bene il tempo. Alle volte non sono tranquillo e questo mi impedisce di dipingere. In altri momenti ho del tempo disponibile, ma non ho l’ispirazione, oppure sono occupato con il mio lavoro e sento il desiderio di dipingere. È necessario un grande equilibrio e alle volte non mi è facile. Ma è bello fare il pittore!”. A chi piace la tua pittura? “Sarebbe più facile per me avere un pubblico più vasto se io dipingessi nello stile figurativo, ma, come ho detto, l’astratto è il mio linguaggio e devo essere onesto con me stesso e con gli altri. “Nelle mostre che ho fatto in genere i miei quadri piacciono un po’ a tutti”. Davanti ad un’opera astratta è necessario dare qualche spiegazione? “In genere non serve, è più forte sentire l’emozione che l’opera ti trasmette. Un bel quadro comunica di per sé. È bello oppure no! Ognuno ha la sua dimensione interiore”. Come nasce un quadro? “Non so mai come sarà alla fine. Alle volte l’idea è chiara, ma esiste un grande abisso tra gli occhi della mente e la nostra mano. Faccio delle ricerche, mi esercito, faccio degli studi, cerco delle forme nuove o dei nuovi colori. Dico che un quadro è fatto dal 90 per cento di sudore e dal 10 per cento di ispirazione. È il lavoro di base che mi dà sicurezza”. Per avere buon gusto è necessario una buona formazione culturale? “Aiuta, ma non è tutto. Naturalmente, se una persona ha accesso alla cultura è un vantaggio, ma avere il buon gusto e capire il bello nell’arte è un atteggiamento tutto interiore. Tante volte ho potuto assistere con gioia e commozione agli sguardi di ammirazione di persone semplici e con poca formazione culturale. Davanti ad una opera d’arte, credo che noi tutti dobbiamo essere indirizzati a valorizzare il bello che è presente in tutti settori della vita”. Per te, che segui una spiritualità impegnativa come quella dei Focolari, cosa vuol dire dipingere? “Dipingere è esprimere il meglio di me. Infatti, non riesco a fare un quadro se non sono in sintonia con le persone che mi circondano o se non provo nell’anima l’unione con Dio. In queste condizioni dipingere non ha senso. Cerco prima questo equilibrio interiore e poi, se c’è un senso, fare l’arte. L’arte è esprimere il Bello. Un quadro è come un’icona della mia anima”.

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