Pisa, naufragio con cagnolino

Dagli scavi per la stazione ferroviaria di San Rossore sono riemerse sedici navi romane. Restituendo una testimonianza intatta della vita dell'epoca.
navi romane pisa

Se ogni evento traumatico del passato costituisce una vera manna per gli archeologi a causa delle testimonianze intatte da esso restituite, quel che sta accadendo a Pisa può dare alla testa al più compassato studioso d’antichità. Pensate: a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla celebre Torre, dal cantiere dello scalo ferroviario di San Rossore sono affiorate – a partire dall’inverno ’98 – prima una, poi due, poi tre… fino a sedici navi romane di varia epoca, per un arco di tempo che va dalla metà del III secolo avanti Cristo al V dopoCristo: e tutte complete dei loro carichi, attrezzi e suppellettili, perfettamente conservati, anche quelli organici, grazie al terreno umido e all’assenza di ossigeno.

 

Nessun altro giacimento al mondo ha restituito una quantità così elevata di reperti navali, a documentare traffici, commerci e vita quotidiana di bordo quasi assistessimo ad un film; e chissà quanto ancora verrà alla luce, considerato che l’area da scavare (ora sottoposta a vincolo) è stata appena intaccata.

 

Navi a Pisa, sulla terraferma? Ebbene sì. L’antico porto pisano, un tempo molto più all’interno, si è infatti interrato col passar dei secoli, sigillando tutto ciò che le sue acque avevano inghiottito: imbarcazioni affondate a causa di qualche tempesta improvvisa o di altri accidenti, parte di carichi andati perduti nel trasbordo a terra e mai più recuperati. Una vera miniera dunque, che impegnerà archeologi e studiosi per anni; e un banco di prova per le nuove tecnologie, a causa dei problemi di conservazione connessi alla delicatezza dei reperti.

 

Di tutto ciò, intanto, è possibile avere un assaggio grazie alla mostra allestita con parte dei manufatti (non gli scafi ovviamente, ancora in corso di scavo e consolidamento) nelle splendide sale del Museo archeologico di Firenze. E qui, ancora una volta, si constata come al pubblico odierno interessino anche le testimonianze più ordinarie del passato, purché inserite in un percorso comprensibile e intelligente: dalle anfore e altri contenitori da trasporto, agli oggetti di lusso in vetro e ceramica provenienti da tutto il Mediterraneo e dal vicino Oriente, ai piatti, lucerne e attrezzi di bordo, agli strumenti chirurgici ed ossa di animali trasportati sia come merce viva di scambio, sia come cibo per i marinai. Esemplifica uno dei tanti drammi che si svolsero sott’acqua in epoche lontane il calco degli scheletri di un marinaio e del suo cagnolino, una sorta di bassotto, rimasti sepolti sotto la zavorra fuoriuscita da una nave naufragata. Ed è proprio davanti a testimonianze del genere, dove è più vivo il fattore umano, che meglio si è capaci di riannodare al presente il filo perduto del passato.

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