Pirandello: abbasso il teatro

Per lo scrittore e poeta siciliano la vita, la sola cosa reale, è irrappresentabile
Luigi Pirandello

Quando ricevette la notizia di aver vinto il Nobel, alla macchina da scrivere Pirandello batté più volte la parola “pupazzate”, chiudendo così il cerchio tra la sua volontà di distruzione del teatro e l’intima essenza dei suoi personaggi come pupi siciliani ovvero “maschere nude”.

Pirandello infatti odiava il teatro, la finzione scenica che aveva dominato dagli antichissimi esordi greci e italici fino alla naturalistica ostinazione rappresentativa novecentesca; e voleva romperne l’apparente inscalfibilità con la sua filosofia non della incomunicabilità (comoda scappatoia critica dei suoi non acuti interpreti) ma della irrappresentabilità della vita, che è enormemente, incommensurabilmente superiore al teatro.

Infatti: nel puro capolavoro “Sei personaggi in cerca d’autore” gli unici che non sono personaggi teatrali sono proprio i Personaggi, mentre tutti gli altri, attori capocomico e pubblico (sì, in quanto disposto ad avallare la finzione!), sono proprio personaggi, pupi. I sei “personaggi” sono stati “rifiutati” dal loro autore proprio perché non erano fantasmi teatrali ma pura vita, e ne abbiamo la prova esatta quando, finalmente autorizzati a recitarsi da sé, non rappresentano ma ripetono la loro storia.

Nel momento in cui la Bambina annega e il Giovinetto si spara, la madre caccia un urlo, che il regista scombussolato rifiuta: «Ma se è già tutto avvenuto, scusi! Non capisco!». «No, avviene ora, avviene sempre!», grida la Madre. La vita eccede ogni sua rappresentazione o “forma”, anche quella teatrale meglio intenzionata a essere mimetica, “realistica”, perché di reale c’è solo la vita stessa.

E infatti da allora il teatro post-pirandelliano si dibatte tra l’irrealismo di chi manipola la realtà a capriccio, e l’iper-realismo di chi crede di salvare il teatro, mai stato in crisi come oggi, facendo “accadere la vita” sulla scena. Perché la vita accade solo nella vita, e l’incomunicabilità stessa delle persone (non dei personaggi) con gli altri e con sé stesse è essa stessa vita che può essere risolta solo nella vita, non nel teatro.

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