Pio XII e Giovanni Paolo II verso la santità

L'opinione di Piero Coda, preside dell'Istituto universitario Sophia e presidente dei teologi italiani sulla recente firma del decreto di Benedetto XVI che riconosce le virtù eroiche di papa Pacelli e papa Wojtyla
pio xii

Pur non entrando nel merito della decisione di Benedetto XVI di procedere con il processo di beatificazione di Pio  XII, sono molteplici le valutazioni critiche che nascono dal mondo ebraico. Per alcuni era meglio attendere perché il giudizio storico non è ancora chiaro. È stata una decisione affrettata?

 

«Se la decisione è stata presa penso sia stata ponderata con molta attenzione. Sono certo che ci sono stati tutti gli elementi che davano un supporto sufficiente per decretare le virtù eroiche di Pio XII e la sua profonda adesione al Vangelo. È importante distinguere la testimonianza personale dalle conseguenze storiche che ne possono venire. La questione fondamentale è la coerenza e la limpidità della propria adesione di coscienza al Vangelo di Gesù. Ogni istituzione, anche la Chiesa cattolica, ritengo abbia il diritto e il dovere di valutare e distinguere la vita personale dal percorso storico».

 

 

Oggi sui principali quotidiani italiani si mette in dubbio la visita del Papa nella sinagoga di Roma il prossimo 17 gennaio. Potrebbe addirittura saltare la visita?

 

«Penso sia solouna reazione emotiva e spropositata che non deve trovare seguito né in ambito ebraico né cristiano. C’è da augurarsi che non ci siano conseguenze di questo genere perché non avrebbero nessun senso».

 

 

Dal “santo subito” gridato in Piazza San Pietro al decreto che riconosce le virtù eroiche di Giovanni Paolo II per alcuni, invece, sarebbe trascorso troppo poco tempo. Si può dubitare della santità di Wojtyla?

 

«È veramente difficile avere dei dubbi fondati sulla testimonianza di fede cristiana che ha offerto papa Wojtyla: coerenza, profezia, fortezza, umanità, libertà interiore, capacità di sequela di Gesù e di mettersi in rapporto con tutte le categorie di persone: dai bambini ai grandi della terra. E, soprattutto, uno straordinario amore per Dio e al tempo stesso per l’uomo in tutte le sue espressioni. Si vede in lui una persona che ha trovato il senso della sua vita e della verità in Gesù. Penso sia questo il significato della testimonianza cristiana al di là dei condizionamenti storici, culturali, umani che ci possono essere nella nostra esistenza e che sono proprio il luogo nei quali si manifesta la nostra fedeltà a Cristo. È una atto, dunque, non solo bello e dovuto ma anche di grande significato per il cammino di fede di tanti e avvertito anche da chi non aderisce formalmente alla fede cristiana ma dalla testimonianza di Wojtyla è stato illuminato».

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons