Pietro Perugino, il “meglio maestro d’Italia”

Così lo definiva nel 1500 il banchiere Agostino Chigi. A 500 anni dalla morte Perugia lo celebra con un'eccezionale rassegna. Dal 4 marzo all’11 giugno
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Perugino, particolare dallo "Sposalizio della Vergine", Musée des Beaux-Arts di Caen (Foto dalla Galleria Nazionale dell'Umbria)

Per molti è il maestro di Raffaello, il pittore quasi esclusivamente sacro, anzi cattolicissimo – una icona della religiosità popolare –, di santi madonne e angeli dall’aria sognante e tenera. Dolci, fin troppo. Sullo sfondo di orizzonti ariosi, di cieli limpidi, di una natura bellissima. Il Quattrocento più armonioso, più elegante, meno doloristico.

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Perugino, “Trittico Galitzin”, Washington, National Galleri of Art (Foto dalla Galleria Nazionale dell’Umbria)

Un esempio è il Trittico Galitzin da Washington (1482-1485) con il Crocifisso tra Maria e Giovanni e ai lati la Maddalena e Girolamo, i classici santi penitenti. Il Cristo è un corpo adolescenziale, delicato, non soffre, dorme in una pace sconfinata. Gli altri personaggi sono statici, immobili, persi nella contemplazione, ricchi di un colore soave e luminoso. Dietro, una natura purissima di acque, alberi, laghi e città sotto il cielo più limpido mai visto se non in Angelico e Piero della Francesca.

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Perugino, “Madonna della Consolazione”, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia (Foto dalla Galleria Nazionale dell’Umbria)

Questo è uno dei quadri migliori di Pietro. Il dolore è superato, rimane la contemplazione di una morte che è solo tranquillità, preghiera fervida e sicura, una sinfonia di sentimenti dove non c’è nulla che non sia armonia. Così appare nell’aerea Madonna col Bambino della Consolazione, fra due angioletti in bilico sulle nubi, la confraternita orante sul prato, e l’orizzonte senza sole: può essere alba, può essere tramonto. Certo è elegia, pathos misurato, levigatezza di forme. Speranza.

E qui veniamo alla tavola dello Sposalizio della Vergine, che torna dopo decenni in Italia dal museo francese di Caen (1500-1504), sorella e ispiratrice della tavola omonima di Raffaello a Milano (Brera). Il confronto fra il ventenne di Urbino e il maturo Pietro è interessante. Sanzio certo ricorda Pietro, ma è di lui più vaporoso, più “umano”, più piccolo però. Pietro è vasto, grandioso – il pittore lavora spesso in monumentali pale d’altare –, ripete lo stile consueto della fila dei personaggi un po’ simili, quasi astratti e l’immancabile tempio frontale, da solo un personaggio grandioso in quello spazio che si indovina immenso.

E qui rimandiamo a quel capolavoro assoluto di Pietro che è l’affresco della Consegna delle chiavi nella Cappella Sistina, voluto da papa Sisto IV (1482). Uno spazio grandioso ma ben delimitato dalle architetture classiche sul fondo e dall’orizzonte. Tutto è misurato, ampio, solenne e semplice. Il focus è nel gesto di Cristo e in Pietro inginocchiato, monumentale. Poi gli apostoli e i personaggi contemporanei, fra i quali lui, il pittore, robusto, tanti capelli, un berrettaccio, lo sguardo compiaciuto verso di noi. Arte cattolicissima, manifesto dell’autorità papale, politica dell’immagine e teatro del sacro. Arte limpida, colori lucenti, grande dignità umana, e senso della storia quasi come una epifania. Sopra tutto, armonia suprema. È la cifra di Pietro, che tanti artisti si porteranno dietro, il Francia, il Costa, Macrino d’Alba, Gaudenzio Ferrari, i Luini, il Sodoma, oltre a Raffaello.

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Perugino, “Consegna delle chiavi”, Cappella Sistina (Foto di See below., Pubblico dominio, Wikimedia commons)

Perugino rimane grande anche negli ultimi anni (morirà di peste nel 1523). Avrà certo alti e bassi, ripeterà il suo formulario e sembrerà superato dai cinquecentisti. Ma se si osservano gli affreschi alla Scuola del Cambio a Perugia (1500) o quelli con Raffaello nella Cappella di San Severo, si nota il prodigio di un artista anziano e sanguigno (si veda l’Autoritratto) che punta ad una arte quasi rarefatta, astratta, in punta di piedi, come una danza. Si alzano colori tenui, una grazia d’altri tempi, una misura sublime di sentimenti equilibrati e quell’amore per il respiro del mondo che è forse la sua eredità più bella. Da riscoprire.

 

Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria e varie località

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