Pietre d’Abruzzo

Complessi agro-pastorali, testimonianze di una civiltà antichissima che conserva ancora il suo fascino.
Colle della Civita

 

Pietre, pietre e ancora pietre. Ce n’è di pietre questo Abruzzo che non finisce di sorprendere, e ben lo sa l’escursionista amante di sentieri poco frequentati e di mulattiere anticamente percorse dai contadini per raggiungere i loro campi terrazzati: a migliaia, infatti, si contano su questi monti di cosiddetti “mucchi di spietramento”, creati per guadagnare terreno utile alle colture; ma è pure molto frequente imbattersi in certi singolari manufatti, oggi per lo più in completo abbandono, rappresentati da capanne, abbeveratoi, casolari interamente in pietra a secco, non tutti necessariamente antichi, ma realizzati sempre secondo tecniche risalenti ad epoche remote: quando cioè – molto più di quanto non avvenga oggi – l’uomo sapeva piegare la natura ai propri bisogni senza tuttavia mancarle di rispetto, con risultati in cui si armonizzano praticità e bellezza.

Fra i tanti esempi di questi complessi agro-pastorali, dove nella stagione estiva si trasferivano intere famiglie per lavorare i campi e pascolare le greggi, accenniamo a due, situati sugli opposti versanti della Valle di Santo Spirito, sulle pendici della Maiella a monte di Lettomanoppello, verso Passo Lanciano.

Il primo, quello di Colle della Civita, perfettamente mimetizzato tra le pareti rocciose (solo i buchi neri degli ingressi delle capanne e dei corridoi coperti rivelano la sua presenza), risale appena al 1940, ma ha ugualmente un sapore arcaico. È un interessantissimo insieme di capanne, ognuna delle quali con una funzione ben precisa: mungitoio, deposito attrezzi, dormitorio…

L’escursione si completa in due ore e mezzo circa col complesso di Valle Giumentina, non senza però aver prima ammirato, nelle sue vicinanze, il bellissimo architrave a lunetta di un casolare in calcare bianco, degno di una tomba micenea.

In questo secondo complesso spicca la capanna principale, realizzata a gradoni, la più grande in pietra a secco esistente in Abruzzo: sopra tali gradoni circolari e sullo stesso tetto venivano stesi graticci su cui far essiccare i fichi.

Ma la varietà di forme e di soluzioni di questi ripari primitivi disseminati per tutta la regione, la cura – si potrebbe dire – religiosa che traspare da queste testimonianze di una civiltà antichissima, costituiscono tale attrattiva da giustificare le più ardue scarpinate.

Fra l’altro è inevitabile riandare a costruzioni analoghe riscontrabili altrove, presso altre culture agro-pastorali, almeno là dove abbonda il materiale lapideo: quasi esista un universo comune, almeno per quanto riguarda questo tipo particolare di architettura spontanea.

 

Una guida scritta con l’”anima”. Chi voglia avventurarsi alla scoperta di queste straordinarie architetture, sconosciute ai più, legate agli antichi modi di vita dell’uomo sulla montagna, potrà consultare utilmente la pubblicazione di Edoardo Micati Pietre d’Abruzzo, Carsa Edizioni, pp. 104, euro 11,36: una guida scritta "con l’anima" e dalle splendide illustrazioni.

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