Pier Paolo Pasolini: intellettuale scomodo
La mattina del 2 novembre 1975, Anno Santo, un vescovo ausiliare di Roma – Clemente Riva, religioso rosminiano – durante la Messa pregò per l’anima di Pier Paolo Pasolini. La notizia della sua morte violenta, avvenuta la notte precedente all’Idroscalo di Ostia in circostanze e con responsabilità ancora oggi tutte da chiarire, si stava diffondendo rapidamente, dividendo subito in due l’opinione pubblica italiana. «Se l’è cercata», secondo alcuni, visto che ad ucciderlo (così sembrava) era stato uno dei suoi “ragazzi di vita”, anzi no l’hanno ucciso perché Pasolini dava fastidio al potere e quindi è stato vittima di un oscuro complotto.
A cento anni dalla nascita, a Bologna (ma la madre era di Casarsa, in Friuli, una doppia radice – la madre Susanna e Casarsa con il suo dialetto – cui sarebbe rimasto sempre fedelissimo), Pier Paolo Pasolini è ancora oggi un personaggio controverso e problematico, con i suoi romanzi, le sue poesie, i suoi film, i suoi articoli, le sue interviste. Con i mutamenti del costume e della morale sociale si è forse attenuata la condanna pubblica della sua omosessualità, ma Pasolini resta un intellettuale con il quale deve fare i conti non solo il ’900, ma anche l’attualità, i giovani di oggi, il mondo culturale e artistico contemporaneo.
Pasolini intellettuale scomodo, dunque. A cominciare dalla sua eredità in molti campi dell’espressione estetica e della comunicazione sociale: film come Accattone, Mamma Roma e Uccellacci e uccellini, romanzi come Ragazzi di vita e Una vita violenta, libri di poesia come Poesie a Casarsa, L’usignolo della Chiesa Cattolica e Le ceneri di Gramsci, raccolte di articoli come Scritti corsari e Lettere luterane, opere teatrali come Affabulazione e Porcile. Per non parlare dei suoi saggi, delle sue traduzioni di testi classici. E dei suoi tanti viaggi in giro per il mondo.
Fanno discutere per la loro pensosità, a tratti incredibilmente profetica, le sue amare riflessioni sull’omologazione culturale, che ha ridotto i cittadini a semplici consumatori, automi ed esecutori di un potere in gran parte occulto, e sul sottoproletariato, che proprio lui ha scoperto e raccontato, quello che vive di stenti nelle estreme periferie di Roma come icona e serbatoio, però, di innocenza e purezza primigenia, come fonte ancora incorrotta e spontanea.
Attaccato spesso per la sua omosessualità e segnato dalla tragedia del giovane fratello Giulio, ucciso dai partigiani comunisti nell’Eccidio di Porzus, Pasolini è un “poeta maledetto”, una figura irregolare e rivoluzionaria, ma affronta sempre a testa alta polemiche e pregiudizi, condanne e processi. Fa ancora discutere la sua analisi sul mondo politico italiano, tragicamente incapace di rappresentare, salvaguardare e promuovere le idee e le speranze della collettività, di guidarne i cambiamenti profondi. Fa discutere la sua condanna dell’ipocrisia e del consumismo, dell’asservimento al potere e delle ingiustizie, dei pregiudizi, dei luoghi comuni, del conformismo culturale e politico, di destra e di sinistra. Fa discutere ancora il suo sguardo originale sul ’68, dove lui vedeva in realtà i figli della buona borghesia (i protestatari) contrapporsi ai figli del popolo (i poliziotti).
Fa discutere anche la sua religiosità anticonvenzionale e antiretorica, pur non facendo certo mistero del suo ateismo e della sua forte critica alle istituzioni ecclesiastiche: «Io so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io con i miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono nel mio patrimonio, nel contenuto e nello stile». Il suo Vangelo secondo Matteo è un monumento alla fede della povera gente, alla scabrosità e all’assoluta originalità del messaggio e della testimonianza di Cristo, simbolo per lui di tutti gli umiliati e offesi della Terra, specie il Crocifisso.
È ora di affrontare l’opera di Pasolini non solo nella sua complessità di espressione, ma anche nella sua sorprendente attualità, che reclama il primato dei poveri, una vita culturale aperta e sincera, e la concezione di una politica finalmente al servizio di tutti.