Piemonte a rischio default

Indebitamento record e sanità allo sbando: ora si rischia la bancarotta e il commissariamento. Il governatore Cota: ci salveremo attuando la riforma sanitaria
Roberto Cota

I conti della Regione Piemonte sono in rosso e il rischio default è vicino. Il governatore Roberto Cota lancia prima l’allarme e poi fa marcia indietro dicendo che la situazione è comunque sotto controllo. «La Regione non è fallita. Ma potremo salvarla solo se saremo in grado di attuare con decisione il nostro programma. Attueremo con decisione ed in modo inflessibile la riforma sanitaria, indispensabile nell’interesse dei piemontesi, soprattutto delle generazioni future».

Ed è proprio la sanità ad avere i problemi maggiori con un assessore tecnico, Paolo Monferino, ex dirigente Fiat in pensione, che è lapidario sulla questione: «Se la sanità piemontese fosse un’azienda privata saremmo alla bancarotta».

La fotografia dello stato della sanità regionale è da brividi, il Piemonte è l’unica regione del Nord ad essere sottoposta al controllo con il Piano di rientro, insieme a Lazio, Campania, Sicilia e Calabria. Un sistema che è costato 8.597 milioni nel 2011. L’indebitamento è di 4 miliardi e 585 milioni di euro, una cifra impressionante, cresciuta di anno in anno dal miliardo e 874 milioni del 2001. I debiti con le banche solo saliti di otto volte in dieci anni, passando dai 113 milioni agli 801 attuali; i debiti con i fornitori da un miliardo e 20 milioni a 2 miliardi e 643 milioni.

La situazione dei conti è emersa dalla relazione che la Sezione di controllo per il Piemonte della Corte dei conti ha presentato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, in una Regione in cui il settore della sanità rappresenta l’81,1 per cento dell’intera spesa corrente della Regione (8,1 miliardi di euro su 10 miliardi di euro). La  Commissione parlamentare, in presenza di un simile quadro dalle tinte non proprio limpide, con il ministro della salute Renato Balduzzi ha valutato l’ipotesi anche di un commissariamento, poiché ogni giorno che passa non può che aggravare la situazione. Ma per la Regione il nuovo Piano Sanitario di rientro dovrebbe risolvere già diversi problemi.

Due i cardini: l’unificazione dei centri spesa di tutto quello che è di supporto alla sanità, dagli uffici acquisti ai magazzini, dai sistemi informativi alla logistica, effettuato con l’istituzione delle sei Federazioni, il cui funzionamento però appare ancora nebuloso. Il secondo caposaldo è la messa in rete degli ospedali, anche se il Piano era partito con una riduzione delle aziende, che il territorio però non ha voluto.

«Il fondo nazionale nella migliore delle ipotesi si manterrà come quello attuale – spiega Monferino – i nostri costi devono scendere per forza. Useremo parte del patrimonio ingente della Regione a garanzia di un fondo per prelevare liquidità per i fornitori. Mettere in rete significa in ciascun territorio assicurare tutte le cure di tutte le patologie, ma non più tutte dappertutto. Ci saranno ospedali che perderanno attività e altri che ne acquisteranno di nuove, così da acquisire un volume medio maggiore in grado di assicurare risparmi ma anche maggior sicurezza negli interventi».

La messa in rete e la unificazione dei servizi amministrativi nelle Federazioni evidenzia però il problema degli esuberi del personale, soprattutto degli amministrativi, ma anche dei sanitari. Si parla di almeno 6 mila esuberi in tutto il Piemonte, il dieci per cento del personale dei 76 ospedali piemontesi.
 

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