Piccoli ladri
Scritto e diretto dall’iraniana trentatrenne Marzyeh Meskini, seconda moglie del regista di Viaggio a Kandahar Mohsen Makhmalbaf. Ambientato a Kabul, racconta la storia di due bambini, un fratello e una sorella, con entrambi i genitori in carcere: il padre perché talebano, la madre in quanto adultera, avendo sposato un altro uomo credendo il marito morto in battaglia. I due bambini trascorrono le notti in cella con la madre, ma quando il nuovo regolamento non lo permette più, decidono di rubare qualcosa per essere arrestati e poter quindi tornare di nuovo con la madre in carcere. Lo scenario in cui si svolgono i fatti è una disastrata Kabul, ancora ferita dalla tragedia della guerra e scossa da miseria e violenza, in cui la popolazione sembra unita solo da un profondo e crescente odio per gli invasori americani. Uno spaccato inquietante e minaccioso in cui i due piccoli protagonisti si muovono impauriti, venendo a contattato con un’umanità sconfitta e rassegnata. La regista non indaga sulle cause del conflitto, non si schiera da una parte o dall’altra, ma il suo film rappresenta comunque un atto d’accusa durissimo contro la guerra, vista dalla parte dei più poveri che subiscono più pesantemente gli effetti devastanti del conflitto. Rispetto ad altri film del genere, qui la lezione neorealista si fa più smaccatamente evidente, tanto che Ladri di biciclette (incredibilmente proiettato in un cinema d’essai a Kabul) è la fonte ispiratrice dei due bambini per il loro crimine da compiere per tornare ad abbracciare la madre. Ma nonostante le premesse, il film è stato accolto tiepidamente a Venezia, dove era in concorso. Forse assomiglia troppo al cliché di film neorealista che i cineasti iraniani, da Kiarostami a Makhmalbaf, passando per Panahi, hanno imposto sulla scena internazionale negli ultimi anni. Intendiamoci, Piccoli ladri è un bel film, solo che pecca di un certo manierismo, (accentuato anche da una fotografia molto ricercata, poco adatta forse a una pellicola di questo tipo) e si ha la sensazione che la regista si sia impegnata a svolgere un compito a casa piuttosto che a mettere l’anima dietro la macchina da presa. Resta, comunque, un documento prezioso e straordinario sull’Afghanistan di oggi. Regia di Marziyeh Meshkini; con Gol Ghoti, Zahed, Twiggy, Agheleh Rezaii.