Piccoli in rete è meglio
Le nostre società moderne sono molto complesse perché si basano sul funzionamento di una miriade di processi tra loro fittamente interconnessi in una ragnatela che condiziona, nel bene e nel male, la nostra esistenza. Una analisi effettuata nel Regno Unito ha portato ad identificare circa 1.000 di questi processi, raggruppabili in alcune categorie principali (vedi riquadro). Alcuni di questi processi, però, sono più importanti degli altri, in quanto condizionano così tante attività da poter bloccare l’intera vita nazionale o internazionale. I recenti black out in varie parti del mondo hanno confermato che la disponibilità di corrente è al primo posto come gravità. A questo proposito abbiamo intervistato un esperto (vedi articolo seguente). Ma non sono solo i guasti a poter bloccare un paese: anche gli scioperi in questi settori, per esempio nel trasporto carburante, dimostrano facilmente la forza contrattuale di certe categorie di lavoratori nei confronti della società. Per non parlare di possibili attacchi terroristici. Per fortuna, nuovi approcci al tema della complessità e vulnerabilità delle nostre società stanno cominciando a farsi strada nelle considerazioni degli esperti. Internet forse ha qualcosa da insegnare: la rete è nata in tempo di guerra fredda e, fin dall’inizio, è stata progettata per non fermarsi mai, anche in caso di attacco. Infatti essa è completamente decentrata, non ha un centro di controllo univoco, i messaggi che viaggiano nella rete, se trovano che un ramo è bloccato, cercano da soli un’altra via per raggiungere la destinazione, ogni luogo e ogni utente della rete può diventare sorgente dell’informazione, e così via. In pratica si tratterebbe di trasformare gli attuali mastodontici sistemi critici, lenti, rigidamente gerarchici, organizzati e super controllati, in reti flessibili e intelligenti costituite da tanti nodi, grandi, medi e piccoli, coordinati da computer tramite sistemi software tipo quelli di Internet. Per esempio per l’elettricità l’idea è incrementare, e non ostacolare come adesso, la produzione locale di migliaia di piccoli e medi fornitori, connessi in rete ognuno con tecnologie diverse. Anche la singola famiglia potrebbe presto diventare protagonista di questa rivoluzione, producendo da casa energia con le promettenti tecnologie a cella di combustibile. In questo modo anche se salta un pezzo della rete, non si bloccherà mai una nazione! Il discorso potrebbe essere lungo, ma il concetto è chiaro. Resta da sottolineare un ultimo punto: le tecnologie sono più o meno complesse, più o meno ben progetta- Forse il black out si poteva evitare Siamo stati a trovare l’ing. Augusto Landucci, che ha diretto per quindici anni il Cnc (Centro nazionale di Controllo della produzione e trasmissione dell’energia elettrica dell’Enel), oggi Grtn (Gestore rete trasmissione nazionale). Dottor Landucci, come ha vissuto il black out ? “Quando ho visto Roma totalmente al buio, mi sono subito immedesimato nella situazione in cui si trovavano i miei ex collaboratori. “Negli anni in cui ho lavorato al Cnc ero solito definirlo Centro anti black out: infatti oltre ad occuparsi di fornire l’energia elettrica ai minimi costi, ancor prima è compito del gestore della rete elettrica garantire la continuità della fornitura. E il pericolo maggiore per il gestore della rete è appunto il black out, che in gergo tecnico significa perdita del controllo del sistema di produzione e trasmissione dell’energia elettrica. “L’energia elettrica, purtroppo non è immagazzinabile, salvo che per piccoli quantitativi; la produzione, istante per istante, deve essere pertanto pari alla stessa quantità consumata dagli utilizzatori”. Come si controlla un sistema così complesso? “Per poter gestire il sistema di produzione (centrali) e trasmissione (rete ad alta tensione: 380 e 220 kV e relative stazioni di trasformazione), oggi il Grtn, con centrali gestite per metà dall’Enel privatizzata e per metà da altre società, e con la rete gestita dalla società Terna, dispone di un “Sistema di controllo” che in ogni istante consente sia la conoscenza dello stato della rete elettrica e la rispondenza delle esigenze del momento, sia la possibilità di intervento con le opportune azioni correttive. “Il sistema di controllo si articola in un Centro nazionale situato in Roma ed in otto centri periferici dislocati a Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. Per darle un’idea della complessità, già nel 1985, anno in cui entrò in servizio questo sistema, gli impianti controllati erano oltre 1.200, le misure a distanza oltre 8.000 ed i segnali acquisiti sullo stato degli interruttori oltre 22 mila. Si trattava per potenzialità, dimensioni e struttura, del terzo sistema elettrico di produzione e trasporto ad alta tensione a livello mondiale, dopo i sistemi francese e inglese. “Le linee di interconnessione con l’estero sono oggi 15: 6 a 380kV e 9 a 220kV. Le importazioni dall’estero purtroppo sono via via aumentate negli anni sia in potenza che in energia”. Perché il piano di salvaguardia non ha funzionato il 28 settembre? “Le risposte definitive le avremo, ovviamente, dalle risultanze delle inchieste in corso; da parte mia posso fare solo qualche ipotesi, ma innanzitutto esprimo questo che ritengo importante. Un conto è fare l’analisi del sistema e formulare ipotesi di azioni che si sarebbero dovute attuare, a tavolino, nel silenzio del nostro ufficio e sulla scorta di dati conoscitivi visti e rivisti con calma da più persone, e tutt’altra cosa è trovarsi in sala controllo, veder precipitare la situazione e spegnersi progressivamente l’intera rete! Occorre tenere presente che quella notte, essendo il carico di utenza molto basso (minimo notturno di circa 24 mila MW), l’improvviso deficit di potenza importata dall’estero (oltre 6 mila MW), ha avuto percentualmente un impatto negativo molto superiore rispetto a quanto sarebbe avvenuto in ora di carico di punta. Se è vero, come scritto da molti, che il basso carico della domenica ha fortunatamente ridotto i quantitativi di energia interrotta rispetto ad un giorno feriale e aiutato nei tempi della ripresa del servizio, secondo me è altrettanto vero che il sistema di salvaguardia dal black out può non aver avuto efficacia proprio per i bassi carichi in rete. In altre parole di fronte ad un elevato deficit di importazione dall’estero non si è stati in grado di ritornare in equilibrio tra richiesta e produzione, non avendo avuto sufficiente carico da distaccare. In questa situazione cioè il piano di emergenza forse non è stato adeguato, tenuto conto degli elevatissimi valori di importazione in proporzione ai modesti carichi distaccabili in emergenza”. Cosa si può fare per evitare il ripetersi di un black out totale? “La risposta non è facile, soprattutto perché in questi dieci anni sono talmente cambiate le cose” Giusta la liberalizzazione della produzione, ma a condizione di programmare, coordinare e governare il sistema elettrico in modo unitario. “Ciò premesso, innanzitutto occorre analizzare la dinamica dell’incidente per individuarne le cause e trarne preziosi suggerimenti per il futuro. In un sistema elettrico europeo così complesso (che per di più coinvolge nella gestione molti paesi), è necessario esaminare a fondo le cause o con-cause che possono stare sia a monte dell’evento stesso (mi riferisco innanzitutto ai quantitativi di potenza importabili in sicurezza dall’estero), sia al momento del disservizio (alludo alla efficacia del sistema di controllo ed al coordinamento ed all’efficienza delle apparecchiature di salvaguardia della rete). “Indispensabile poi è “dialogare” di più tra gli operatori del controllo, nostri e quelli oltre frontiera. Se nei ventiquattro minuti passati dal primo evento accidentale a quello conseguente che ha poi determinato la separazione della rete italiana dall’estero ci fossero stati colloqui chiarificatori, forse si sarebbe potuto evitare il peggio. “Peraltro, personalmente ritengo difficilmente realizzabile e meno efficace, per motivi di estensione geografica, numero di impianti e di potenza elettrica in gioco, un unico centro di controllo per l’intera rete europea. “Da quanto detto, ci si rende comunque conto che tra due mali – distacchi prestabiliti o black out – è preferibile “sacrificare” una parte di utenza pur di non perdere il controllo. Infatti così facendo è meno difficile rialimentare in tempi brevi l’utenza distaccata precedentemente. Si capisce inoltre che gli “alleggerimenti”, cioè i distacchi preordinati di utenza, non solo non costituiscono di per sé il black out, ma anzi servono proprio per evitare il black out. “Occorre anche tenere in debito conto che è estremamente difficile “ricucire” la rete. Infatti, se è vero che esiste un “piano di riaccensione”, è altrettanto vero che detto piano non è di facile attuazione e richiede tempi tanto più lunghi quanto più è estesa l’area di black out. E proprio per questo credo ci si debba complimentare con tutti quanti, domenica 28 settembre, si sono adoperati per la ripresa del servizio elettrico”. Cosa pensa a proposito dei pareri differenti circa la costruzione di nuove centrali e linee? “Il discorso ci porterebbe lontani nel tempo, tenuto conto soprattutto delle scelte fatte a proposito del nucleare, ecc. Fermandoci ad oggi, se è vero che il rischio di black out esiste sempre e bisogna cercare di prevenirlo, è ancor più vero che il rischio è minore per una rete che esporta elettricità che per una rete con importazione di elettricità, specialmente se l’importazione è sproporzionata rispetto alla rete di interconnessione e/o al parco generatori in servizio. Perciò occorrono senza dubbio nuove centrali e linee, ma intanto è necessario, per il bene comune di tutti i cittadini, gestire il sistema che abbiamo anteponendo la sicurezza all’economicità del servizio, non dimenticando oltre tutto il danno causato dalla mancata fornitura di energia elettrica”. I processi principali (e critici) in una società complessa Fornitura carburanti e combustibili – Fornitura energia, gas e acqua – Trasporti – Economia e finanza – Disponibilità alimenti – Comunicazioni – Servizi di emergenza – Servizi sociali – Giustizia e ordine pubblico – Servizi sanitari – Servizi meteorologici.