Piccoli comuni senza banche e poste, una scelta sbagliata

Continua la spoliazione di servizi essenziali nelle aree rurali e montane. Una strategia dettata da logiche commerciali che provoca abbandono e spopolamento  

Le prime erano state le Poste. Via gli uffici nei piccoli Comuni, aperture a giorni alterni, come la consegna di corrispondenza e giornali. Poi ci hanno pensato le banche a tagliare gli ultimi presidi nei Comuni. Una serrata di opportunità per le comunità che risiedono in uno dei seimila Comuni in Italia che ha meno di cinquemila abitanti. Poste, società a maggioranza pubblica, e istituti di credito, privati ovviamente. Entrambi con una soluzione facile per far crescere utili e diminuire personale e costi di gestione: tagliare i rami secchi. A poco sono servite le mobilitazioni degli amministratori locali. Sindaci e consiglieri hanno scritto a Governo, Parlamentari, Prefetti. Sono anche scesi in piazza, arrabbiati perché oltre al danno subiscono pure la beffa. Il danno relativo alle chiusure, la beffa dettata dagli attacchi dei loro concittadini, impegnati a cercare un capro espiatorio. Che molto spesso è proprio l’Amministrazione comunale, secondo alcuni “incapace” di trattenere servizi. Niente di più sbagliato.

 

Poste negli ultimi anni ha provato a invertire la tendenza. Nel nuovo piano Deliver 2020, la roadmap per i prossimi tre anni, ha scritto che non chiuderà oltre ottocento uffici per i quali la serrata, fino a un anno fa, era quasi d’obbligo secondo l’azienda con sede centrale all’Eur nella Capitale, visti gli ingressi limitati a pochi anziani, per poche operazioni. La logica dei numeri sembrava prevalere.

A contrastarla sono stati appunto i sindaci e anche una legge dello Stato, la 158 del 2017, dove si legge che il servizio postale è indispensabile nei piccoli Comuni. E Poste Italiane, per garantire il servizio postale universale, riceve ogni anno dallo Stato diverse decine di milioni di euro. Gli uffici restano dunque, ma non torneranno aperti a sei giorni la settimana quelli, negli ultimi anni, ridotti a a soli tre giorni di apertura. Si tratta dei famosi “giorni alterni” che riguardano anche la corrispondenza. In tremila Comuni italiani, quasi tutti montani, la corrispondenza e i giornali arrivano a casa solo dieci giorni al mese. Difficile che Poste riesca a correggere queste situazioni che hanno creato ulteriori sperequazioni tra aree urbane e rurali. Perché in città, in molti contesti urbani italiani, Poste ha addirittura raddoppiato i giri dei moderni portalettere, telematici, complici i servizi erogati per Amazon e i pacchi in distribuzione in continua ascesa.

Il sistema dei Comuni, con Anci e Uncem in prima fila (le associazioni di categoria degli Enti locali) ha da tempo chiesto a Poste di rafforzare le opportunità per i cittadini ed Autonomie: garantire servizi di tesoreria per Comuni e Unioni montane sarebbe un ottimo traguardo. Ma soprattutto, Poste potrebbe accompagnare la transizione al digitale della pubblica amministrazione italiana. Nei Comuni montani, grazie proprio all’aumento dei pacchi e degli acquisti on line, potrebbe favorire il legame con associazioni locali, Pro Loco ad esempio, e terzo settore. Senza contare l’opportunità di attivare nuovi Postamat e aprire sportelli multiservizio che oltre ai servizi postali offrano anche informazioni turistiche e altre opportunità. Un percorso non semplice, ma nel quale i Comuni e i Sindaci credono.

Per le banche è stato il sindacato First Cisl a denunciare una situazione che fino a qualche giorno fa era nota solo in parte. Rispetto a sette anni fa, in Italia ci sono 6.289 sportelli bancari in meno, il personale di rete è sceso di 26.249 addetti e ben 383 Comuni sono rimasti totalmente privi di banche. «La verità è che le banche si sono trasformate in distributori di prodotti finanziari di massa, come vendessero telefonini o abbigliamento, e dunque mirano soprattutto a tagliare i costi. Così è inutile sperare nella ripresa dell’economia, urge una riforma socialmente utile del sistema bancario e l’occasione per avviarla è il prossimo rinnovo dei contratti nazionali»: è questo il commento del segretario generale di First Cisl, Giulio Romani, alla ricerca dell’ufficio studi del sindacato sull’andamento della presenza territoriale delle banche italiane.

Più di un quarto delle filiali perse negli ultimi sette anni è stato chiuso nel solo 2017. A fine 2010 c’erano 33.663 agenzie bancarie, il 31 dicembre scorso erano scese a 27.374 e ben 1.653 chiusure si sono concentrate nel 2017. In un solo anno siamo scesi da 48 a 45 filiali ogni 100 mila abitanti. Se si andasse avanti a questo ritmo in una quindicina d’anni non ci sarebbe più alcuna presenza fisica delle banche sul territorio. A restare sguarnite sono le aree marginali, abitate da una popolazione più anziana, che si trova costretta a mantenere in casa maggiore disponibilità di contante e questo rischia di aprire la strada alla microcriminalità: il problema sociale è evidentemente sottovalutato.

La spoliazione di servizi, in particolare nelle aree rurali e montane, genera abbandono e spopolamento. A poca importa se gran parte del risparmio è in mano a Poste e il restante è ovviamente nelle banche, locali o multinazionali. Entrambi hanno chiuso, annunciando di voler far crescere i servizi digitali, home banking e on line tramite pc o smartphone. Eppure gli italiani continuano ad entrare in filiale: in 26 milioni si rivolgono tuttora a uno sportello bancario, il 51,7% della popolazione maggiorenne. Senza contare che Alpi e Appennini sono ad altissimo digital divide: internet – ad alta velocità e non – è ancora un miraggio in troppi Comuni montani. Impossibile dunque avviare bonifici o acquisti di obbligazioni on line, con il rischio che salti da un momento all’altro la linea.

Visti i dati di First Cisl, Uncem, l’Unione dei Comuni montani, ha scritto una lettera ad Abi, Banca d’Italia e Consob per denunciare le conseguenze dell’abbandono dei servizi bancari, nonché per chiedere una vigilanza che non sia solo finalizzata a quanto le banche fanno, ma a come gli istituti organizzano la loro presenza sui territori. Potrebbe servire un nuovo patto delle stesse banche con gli Enti locali, sotto l’egida dei tre soggetti controllori, per garantire servizi bancari di prossimità anche in aree a bassa densità di popolazione, in zone peraltro ad alta vocazione turistica, estiva e invernale, dove la “popolazione equivalente” aumenta e i servizi bancari come quelli postali, sono importanti per l’attrattività dei luoghi e per evitare spopolamento e abbandono.

 

 

 

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