Piccole e micro imprese a rischio

Serve una visione più ampia della crisi, ripartendo dal cambiamento che investe la complessità della persona
Piccole medie imprese

È di qualche giorno fa l’allarme di Confesercenti, manifestato nell’ambito di una giornata nazionale di sensibilizzazione e sostegno alle piccole e medie imprese, riassumibile con lo slogan: «Se chiudono le piccole e medie imprese, chiude l’Italia». Le piccole imprese producono, infatti, il 46 per cento del Pil italiano, il 54 per cento dell’occupazione nel settore privato, oltre 10 milioni di addetti e negli ultimi 10 anni hanno creato un milione di nuovi posti di lavoro.
 
Con l'aumento dell’Iva, con la tassa di soggiorno, dell’Imu e dei rifiuti, l’addizionale regionale e l’accise sui carburanti, a farne le spese saranno soprattutto le imprese turistiche che diventano sempre meno competitive. Dai dati divulgati mediante elaborazione su dati Istat, con la liberalizzazione che investe il commercio, circa 100 mila imprese potrebbero chiudere nei prossimi cinque anni, a vantaggio della grande distribuzione che detiene già il 70 per cento della quota di mercato. Sul versante della riforma del mercato del lavoro, altresì, viene denunciato l’aumento del costo del lavoro con una maggiore rigidità in ingresso causata anche dall’aumento degli oneri burocratici.
 
 
Preoccupa anche il crollo dei consumi che nel 2011 fa registrare la riduzione del reddito disponibile delle famiglie italiane, di oltre cinque punti percentuali nell’ultimo triennio. Si stima che gli effetti negativi degli interventi di politica fiscale sul reddito disponibile delle famiglie italiane, avrà come culmine il triennio 2012-2014. Questi dati hanno influenzato il calo delle vendite, specialmente nel commercio al dettaglio, e le imprese distributive di minori dimensioni.

Queste ultime tra il 2008 e il 2011 hanno registrato andamenti negativi del proprio fatturato, diminuiti del 6 per cento. In termini reali, al netto dell’inflazione dei beni, la situazione peggiora, con una perdita che ammonta al 14 per cento. Negli ultimi quattro anni in Italia si registrano oltre 150 mila imprese in meno nei settori commercio e turismo, di cui 72 mila nel commercio al dettaglio. Il saldo dei posti perduti è negativo ed è di circa 450 mila unità.
 
Ma l’attuale crisi è solo un segnale di sofferenza economica o può essere l’affermazione di una necessità di cambiamento che riguarda la persona nella sua complessità?
 
Sono già in tanti ad aver affermato questa impostazione, nell’approccio al tema dell’attuale crisi economica, che poi è anche sociale, educativa ed etica. Tra questi, ricordiamo il professor Bruni nell’ambito di un suo intervento recente a questo proposito, in cui ha espresso l’idea secondo cui è in crisi lo stile di vita dell’umanità, poiché il modello appena passato, basato su altissimi consumi, non era più sostenibile, poiché in squilibrio con il nostro ecosistema.

Tesi sostenuta dall’imprenditore pugliese Franco Caradonna, che richiama il primato degli investimenti sulla persona all’interno dello scenario di trasformazione economica nazionale, unico mezzo per affrontare una crisi economica che non passerà. Lo affermano grandi formatori di “sviluppo personale” (empowerment), che investono da tempo sul cambiamento della mentalità e della cultura, perché solo con la fiducia nelle risorse umane e nelle idee innovative si possono trovare soluzioni alternative imparando a convivere con l’insicurezza quotidiana.
 
È quello che ha sostenuto Pasquale Orlando, autorità di gestione dei fondi strutturali per la regione Puglia, in un incontro con gli operatori sul sistema del credito, rispetto alla diminuzione della richiesta di credito da parte dei giovani e che spesso non vengono neanche spesi. «Questa crisi ha radici profonde – afferma Orlando –, nasce da una cultura che penalizza il Meridione, perché per creare sviluppo serve condivisione, serve saper fare squadra puntando sia sull’innovazione sia sul capitale sociale».
 
E probabilmente è ciò che sta accadendo, perché il disagio di questo periodo storico stimola in tutti profonde riflessioni e spinge quanti si sentono responsabili nel costruire un Paese migliore a collaborare in questa logica di sistema.  
 

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