Piccole campionesse crescono
Le chiamano in tanti modi: bambine prodigio, piccole farfalle, splendide libellule. Sono un gruppo di ragazze, dai diciassette ai venti anni, con una grande passione in comune: la ginnastica ritmica. Apparentemente, a guardarle mentre conversano tra di loro, sembrano come tante loro coetanee. Apparentemente… Eh sì, perché chi le conosce bene sa che dietro quei bei volti sorridenti, dietro quei fisici minuti, c’è una storia particolare, iniziata quando, poco più che bambine, hanno lasciato le loro famiglie e la comoda vita adolescenziale nelle rispettive città, per inseguire un sogno: diventare tra le migliori al mondo nel loro sport. Il cammino per giungere in alto è stato lento, ma continuo. In una disciplina da sempre dominata dai paesi dell’est europeo, ed in particolare dalla corazzata russa, la nostra squadra ha via via scalato posizioni su posizioni. Così si è passati gradualmente dal sesto posto raggiunto alle Olimpiadi di Sidney nel 2000, fino alla conquista della storica medaglia d’argento ottenuta alle Olimpiadi di Atene dello scorso anno. La medaglia olimpica ha rappresentato il giusto premio per tutto il lavoro fatto e per i sacrifici sopportati in tanti anni, hanno affermato subito dopo la premiazione le componenti dello staff tecnico. Da Emanuela Maccarani, l’allenatrice e principale artefice del loro successo, alle sue collaboratrici Eva D’Amore (giovanissima assistente tecnica) e Natalie Van Cauwenberghe (coreografa). Già. Lavoro, sacrificio. Ma anche rinunce, disciplina, impegno: parole che non fanno parte del vocabolario comune di tante giovani. Anni ed anni di duro allenamento trascorsi sin da quando avevano 12,14 anni, in un piccolo centro come Desio, in provincia di Milano, dove ha sede il ritiro quasi permanente della nazionale azzurra. Ore ed ore a provare e riprovare esercizi pieni di traiettorie incredibili con palle o clavette. Ore passate a volteggiare, sventolando nastri o passando in mezzo a cerchi come dei saltimbanchi. Combinazioni velocissime, lanci al limite dell’impossibile. Tutto fatto all’unisono, tutto studiato nei minimi particolari. E poi, terminati gli allenamenti, subito in albergo a studiare, con addosso tutta la fatica di tante ore passate in palestra. Verrebbe da chiedersi: ma ne valeva la pena? Valeva la pena fare tanti sacrifici per inseguire un sogno che in questo sport regala solo pochi attimi di gloria? Per queste giovani atlete evidentemente sì. Ragazze apparentemente normali, dicevamo. Come Fabrizia D’Ottavio o Daniela Masseroni, che, fatto assai raro, sono già riuscite nonostante l’impegno sportivo a diplomarsi con il massimo dei voti! Come Elisa Blanchi, Marinella Falca, Laura Vernizzi e Francesca Pasinetti, che non si adagiano sugli allori conquistati ma hanno le idee già molto chiare sul loro futuro post-agonistico. O come Elisa Santoni, la loro capitana nonostante sia la più piccola del gruppo. Piccola, sì, ma con una vita già segnata da avvenimenti importanti. Ne è passato di tempo da quando, a cinque anni e mezzo, entrò per la prima volta in una palestra. Poi, a soli nove anni, un problema al cuore e l’invito dei medici a crescere un po’, prima di intervenire chirurgicamente. Nel frattempo puoi fare ancora ginnastica , le dissero. Ma non a livello agonistico: troppo faticoso. Lei non si arrese e, incredibile a dirsi, convinse i suoi ad operarsi subito, a cuore aperto: voleva tornare a gareggiare al più presto. Un anno lontano dalle pedane, tra morfina e terapia intensiva, e una lenta ripresa, piena di dubbi e paure, superate anche grazie all’aiuto di chi le è stato vicino. Fino all’approdo in nazionale. Ora, anche per questa esperienza, pensa che da grande farà il medico… Ragazze belle, brave, ma anche intelligenti, caparbie e coraggiose, quindi. Che non si fermano sui risultati ottenuti ed inseguono sempre nuovi traguardi, altre mete da raggiungere. In pedana, come nella vita. La prossima sfida sportiva sarà in occasione dei campionati del mondo che si disputeranno dal 3 al 9 ottobre prossimi a Baku, in Azerbaijan. Dove, anche se non vogliono dirlo apertamente, sperano di superare per la prima volta le fortissime russe e conquistare la medaglia d’oro. Forse questa volta l’impresa è davvero troppo grande, ma da atlete così determinate, c’è da crederlo, ci si può attendere di tutto. In bocca al lupo, ragazze!