Piccola Grecia, sei grande!
Non sono un patito di calcio. Da ragazzo ho preferito altri svaghi. Ma credo di saperne apprezzare la spettacolarità che, a certi livelli e in determinate circostanze si carica in forma esponenziale del contributo degli spettatori: quello spettacolo nello spettacolo che si è ripetuto anche nei recenti campionati europei. L’eliminazione della squadra italiana nella Coppa europea, prematura rispetto alle attese, mi ha consentito di assistere alla finale fra Grecia e Portogallo spassionatamente. Tuttavia mi sono trovato con il cuore diviso, pensando non tanto ai giocatori – quelli greci non li conoscevo proprio – ma ai due paesi che conosco e stimo troppo per non sentirmi compartecipe dei loro sentimenti. Sicché non potevo che ripetermi ogni tanto: Bene: che vinca il migliore. C’è un equilibrio ed un parallelismo nella storia di questi due popoli che stupisce. Non molto diversi per consistenza numerica, figli di una terra avara di risorse, hanno entrambi saputo vivere del mare, fondando su quello la loro grandezza. Ciò che furono i greci nel Mediterraneo del primo millennio avanti Cristo, cioè nel mondo allora conosciuto, dove hanno gettato le fondamenta di quella che sarebbe diventata la cultura europea, saranno secoli dopo i lusitani, che seppero conquistare gli oceani, portando i valori di quella cultura fino ai confini del mondo. Più mercanti che guerrieri, entrambi questi due piccoli e civilissimi popoli, che pure avevano saputo conquistare grandi imperi, non conobbero a lungo la fortuna delle armi e furono più volte occupati da vicini più forti. E di recente, entrambi non hanno saputo sottrarsi all’esperienza difficile della dittatura, sicché anche il loro ingresso nell’Unione europea è stato a lungo ritardato. Finché, riconquistata la democrazia, sono rientrati nel gioco della solidarietà che i paesi del continente offrono a quelli tra loro più svantaggiati.Tanto la Grecia che il Portogallo hanno saputo da quel momento bruciare le tappe, colmando molti punti del divario economico che li separava dai primi. Lo hanno fatto con grinta e con passione. Mi pare di poter dire quella stessa grinta, quella passione che abbiamo apprezzato nel gran finale della coppa europea che proprio questi due paesi si sono disputati, smentendo ogni pronostico. Allo Stadio da Luz di Lisbona la posta era salita molto in alto. I lusitani, padroni di casa, erano troppo favoriti per accettare una sconfitta. I greci, arrivati consapevoli dei propri limiti al punto da non avere neppure prenotato l’albergo per i giorni successivi al primo turno di eliminatorie, avevano volato già troppo in alto per accettare di non toccare il sole con le dita. E la squadra ha compiuto il miracolo. Non si è visto del bel calcio, mi hanno confermato quelli dal palato fine. Qualcuno si è chiesto come possa una brutta partita essere bella. Ma ciò non ha impedito ai commentatori sportivi di certificare che aveva vinto lo sport, perché due squadre modeste, senza creare scandali, con un gioco neppure superlativo, avevano mandato a casa tutte le superblasonate ricchissime nazionali d’Europa, arrivando in finale. E qui in finale, di loro aveva prevalso la meno accreditata Grecia, con giocatori che le squadre europee tenevano abitualmente in panchina. Davanti a quelle mischie all’ultimo respiro, mi sono trovato catapultato in Grecia, in un luogo preciso, dove un brutto monumento davanti a un bellissimo mare ricorda l’evento che ha mutato le sorti della civiltà occidentale. Ogni volta che sono passato di là, dalle Termopili, mi ha percorso un brivido. Ho provato qualcosa di simile vedendo i greci combattere – non dirò più giocare – sacrificando letteralmente l’individualità di ciascuno per consentire alla squadra di esprimersi al massimo. Fino a prevalere. Questi ragazzi ci hanno mostrato cosa sanno fare i greci quando si uniscono, ha esclamato il primo ministro Costas Karamanlis, che non stava più nella pelle. Gli sconfitti piangevano, ma uscivano con onore, suscitando unanime condivisione per il loro amarissimo sconcerto. E la condivisione era unanime anche per l’esultanza degli elleni che, in patria e dovunque si trovassero nel mondo – i greci sono un popolo di emigranti -, sono scesi in delirio per le strade a milioni, per una festa di popolo senza eguali. Le Olimpiadi che fra pochi giorni si apriranno ad Atene non potevano avere un preludio migliore. Questi ragazzi ci hanno mostrato cosa sanno fare i greci quando si uniscono. Costas Karamanlis