Piangere un figlio o un embrione?

Si riapre il dibattito sulla crioconservazione dopo l’incidente dell’ospedale di Roma. Intervista a Daniela Notarfonso, vicepresidente nazionale dell'associazione Scienza e Vita
Cellule embrionali

La morte di 94 embrioni e di 130 ovociti a causa di un guasto dell’impianto di conservazione all’ospedale san Filippo Neri di Roma ha mostrato ancora una volta le contraddizioni sull’applicazione della legge 40 e sul demandare solo alla tecnica le fasi iniziali dello sviluppo della vita. Di fronte a quest’incidente abbiamo assistito al dolore dei genitori, all’intervento della magistratura per accertare le responsabilità del guasto e alle ripetute scuse dei dirigenti della struttura ospedaliera che di certo non potevano prevedere quest’incidente. Certo rimangono impresse anche le lacrime di chi sperava in un figlio e ora si trova a dover ricominciare un nuovo percorso per la fecondazione assistita, nella speranza che gli embrioni creati attecchiscano e si sviluppino fino ad arrivare ad essere quei "bambini in braccio" che ci segnalano l'efficacia della tecnica. Abbiamo chiesto a Daniela Notarfonso, medico e vicepresidente nazionale dell'associazione Scienza e Vita, che a lungo ha lavorato sulla legge 40, un commento sulla vicenda. Il suo non è solo un parere tecnico, perché ogni giorno la dottoressa, che dirige il consultorio familiare Centro famiglia e vita di Aprilia, incontra coppie che su un figlio hanno davvero scommesso tanto.
 
Dottoressa Notarfonso, la legge consente ancora di congelare un numero così significativo di embrioni?
«Dopo l’approvazione della legge 40 non era consentito creare in vitro un numero di  embrioni superiore a quelli che venivano impiantati, in tal modo la crioconservazione era riservata a casi assolutamente eccezionali. A tale scopo inizialmente era stata pensata una sola banca per la conservazione di materiale biologico (embrioni, ovociti, spermatozoi) a Milano. Poi nel 2009  la sentenza  n.151 della Corte Costituzionale ha stabilito che si possono produrre più di tre embrioni su stretto parere del medico, consentendo così il congelamento e rimettendo in discussione il sito unico per la conservazione degli embrioni stessi».  
 
Ci sono ancora embrioni congelati e abbandonati…
«Purtroppo nessuno sa dare il numero reale degli embrioni crioconsevati nei vari centri di Pma sparsi in tutta Italia, e tantomeno di quelli cosiddetti "in stato di abbandono", perchè non più reclamati dai genitori. La proposta di adottare gli embrioni abbandonati era stata già fatta dal comitato di bioetica nel 2005, ma non è stata seguita da alcuna indicazione legislativa e anche la disposizione sul destino degli embrioni giacenti nei centri non è mai stata discussa in aula. C’è ancora solo silenzio e questi embrioni restano inutilizzabili anche per successivi tentativi di impianto. D'altro canto la materia è estremamente delicata e complessa: alcuni rifiutano a priori la possibilità dell'adozione  degli embrioni, perché si metterebbe a repentaglio la vita di molti di essi, altri per la ragione opposta, perché vorrebbero spingere verso una loro disponibilità per la sperimentazione». 
 
A proposito degli embrioni morti al san Filippo Neri, il Codacons ha chiesto un risarcimento elevato e qualcuno prefigura un reato penale: omicidio colposo con rimborsi fino a un milione di euro. Si può davvero parlare in questi termini della vicenda?
«Risarcimenti così elevati sono previsti solo per le persone. Accordare lo stato giuridico di persona a un embrione scuoterebbe molte coscienze, anche se a livello europeo il movimento per la vita ha promosso una campagna che chiede il riconoscimento della personalità giuridica dell’embrione. Accogliere positivamente un’istanza del genere significherebbe rimettere in discussione tutta la legislazione in merito».
 
Ma un embrione crioconservato non è un bambino stretto in braccio…
«Dal concepimento alla morte ognuno di noi vive fasi diverse che portano trasformazioni fisiche importanti, ma la persona è sempre la stessa, io sono sempre io a qualunque età della mia vita. Così anche gli embrioni. Il fatto di vivere fuori dall'utero materno mette fortemente a rischio la loro sopravvivenza ma  sono esseri umani, desiderati dai propri genitori, che attraversano un iter faticosissimo per ottenerli. La crioconservazione costituisce un ulteriore ostacolo al loro sviluppo anche perché durante lo scongelamento alcuni subiscono dei danni, alcune cellule muoiono e quindi si riduce la possibilità di successo dell’impianto. Certo le contraddizioni permangono: l’embrione al momento non è considerato persona, quindi nei termini previsti dalla legge può essere abortito, ma al contempo se un feto nasce vivo anche dopo un aborto, il medico ha l’obbligo di rianimarlo. Cosa vuol dire allora in questo contesto il riconoscimento giuridico di una persona?».
 
Abbiamo visto i genitori che si erano affidati al san Filippo Neri piangere per aver perso un figlio, non certo un "semplice" embrione…
«Li capisco profondamente. Gli embrioni morti avevano un padre e una madre che desideravano un figlio sul serio. E quindi è naturale che piangano. Il percorso per la fecondazione assistita poi è spesso travagliato, economicamente oneroso, sofferto e incide pesantemente sulla vita di una famiglia e anche sui rapporti nella coppia e con il futuro figlio. Non di rado mi incontro con coppie che hanno fatto questa scelta e vedo uomini e donne che si sentono strumentalizzati: l’uno per il seme, l’altra per gli ovuli. Gli interventi medici di stimolazione spesso sono dolorosi e non sempre sortiscono esiti positivi. Per una coppia sterile le tecniche di fecondazione nella maggior parte dei casi vengono date per scontate, il ricorso ad esse ineluttabile, non viene quasi mai compiuto un iter di discernimento con la valutazione delle diverse opzioni di scelta, compresa l'adozione, e vengono spesso sottovalutate le conseguenze psicologiche che queste esperienze provocano, anche quando si ottiene la nascita di un figlio».
 
Ancora di più se poi la tecnica, come in questo caso, fallisce…
«Non è semplice capire l'investimento psicologico (oltre che economico) che le coppie fanno quando ricorrono a queste metodiche, si determina un legame fortissimo con lo staff tecnico del centro di Pma, a loro si affida ciò che di più prezioso si possiede, compresa un'idea di futuro che nei figli inevitabilmente viene custodita. È per questo che ogni strategia va messa in campo per salvaguardare fino all'ultimo embrione. D'altro canto gli errori umani sono da mettere in conto sempre. In alcuni centri oltre al controllo tecnico è previsto anche quello umano: non ci si fida solo di rilevatori e di allarmi proprio perché il materiale biologico custodito è molto prezioso e quindi tutte le strategie di protezione vanno attivate, ma si sa che può esserci sempre l’errore tecnico, l’inesperienza. Non voglio neanche prendere in considerazione l'ipotesi del sabotaggio. Mi sembrerebbe davvero aberrante». 

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