Il piacere di conoscere Laura Pausini

Come sarebbe stata la vita di Laura Pausini se non avesse vinto Sanremo? Ce lo racconta lei stessa, nel docufilm che esce oggi su Amazon Prima video.
Laura Pausiniagli Oscar. (AP Photo/Chris Pizzello, Pool).

È un documentario positivamente introspettivo quello con cui Laura Pausini ha deciso di raccontarsi e di lanciare qualche sorprendente messaggio esistenziale: di offrire qualche riflessione personale (costruttiva) sulla vita. È piacevolmente introspettivo a partire da una domanda di fondo: una piccola ossessione che da molto tempo circola addosso all’artista italiana di livello internazionale. «Come sarebbe stata la mia vita se non avessi vinto Sanremo nel 1993?».

La canzone era “La solitudine” e lei era una ragazzina di provincia, appena diciottenne. Se ne stava stretta, emozionata, tra Pippo Baudo e Lorella Cuccarini, mentre iniziava a prendere forma quel pensiero rimbalzante che adesso muove il racconto lineare (e doppio) di una vita interamente dedicata alla musica; ma capace di comprendere – per nulla fuori tempo massimo – che i  valori della famiglia, e più in generale degli affetti, delle persone veramente accanto, sono fondamentali.

Che l’essere madre è un dono di una potenza unica, immensa, che ti apre orizzonti straordinari e nutre la tua vita più di ogni successo; che una passione – aggiunge il lungo testo di Laura Pausini – Piacere di conoscerti (da oggi, 7 aprile, disponibile su Amazon Prime Video) è un dono a prescindere: che sia canalizzata nel successo internazionale, con tanto di vittoria ai Golden Globe e nomination agli Oscar (la canzone, stavolta, è Io sì, nel film La vita davanti a sé), oppure sia la bellezza (semplice) di cantare davanti a poco pubblico, compreso quello di un ristorante di provincia.

Così Laura Pausini, sostenuta nella scrittura da Ivan Cotroneo (anche regista del film) e da Monica Rametta, trasforma quella domanda intima – che pare sincera almeno quanto rappresenta un valido escamotage narrativo – in un abbrivio di sceneggiatura che immagina una Laura Pausini senza successo, ma con la stessa passione per la musica.

Una ragazza che senza vincere Sanremo, in quel lontano’ 92, continua a cantare al pianobar e organizza eventi per non far chiudere il suo negozio di ceramiche a Solarolo (paese d’origine della cantante romagnola). Madre lo è diventata lo stesso (ma single e di un figlio maschio) e, seppure gli interni del suo quotidiano siano meno luminosi, ordinati ed eleganti di quelli che vediamo abitati dalla Laura Pausini reale, la sostanza della donna resta quella: vitalità, creatività, energia, semplicità.

Una bella voglia di combattere e una ancora più grande di cantare. A San Siro, in America Latina, ma anche “Servo per amore” del Gen Rosso dentro la chiesa del suo paese. Sono entrambe donne sorridenti e risolte, quelle che si alternano nel film, e nell’incontro tra queste due vite parallele sta l’essenza, e per certi versi l’utilità, di un documentario biografico che adopera frammenti di finzione mentre abbonda di parole incoraggianti, di frasi tanto sincere quanto sane.

Come quella per cui a un bambino bisogna insegnare (anche) l’importanza della sconfitta, come quell’altra per cui se vinci un Grammy Award ma festeggi in camera da sola con un hamburger, vuol dire che hai sbagliato qualcosa; come ammettere che girare per il mondo a raccogliere successi è bello, ma allontana dalla vita vera. Come, ancora, che (sempre) ai figli bisogna donare radici.

Il conflitto, si sa, è il motore di ogni racconto, e certamente anche in un biopic documentario bisogna cercare di inserirlo. Così, che Laura Pausini definisca la sua vita «incredibile» ma anche «difficile» è per certi versi necessario, obbligato, ma un racconto funziona, arriva, è credibile, quando fa respirare autenticità attraverso tanti piccoli dettagli, e la verbalizzazione di tanta umanità, fatta di domande, di interrogativi sentiti, trasudano onestà e rendono questo Laura Pausini – Piacere di conoscerti un lavoro, oltrechè dinamico e ovviamente pieno di musica, convincente più che studiato a tavolino, gustoso e nutriente più che patinato, diretto più che artefatto.

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