Pfas, tra sviluppi processuali e progetti educativi

Situazione in chiaroscuro in Veneto, dove rimane ancora in sospeso lo studio epidemiologico sulla popolazione esposta a queste sostanze e il filone del processo relativo alla responsabilità per le malattie degli operai Miteni è stato archiviato. Mentre riparte nelle scuole, per il settimo anno, un percorso volto a rendere gli studenti consapevoli di questo problema
Pfas

Continuano gli sviluppi sul caso Pfas in Veneto. In primo luogo, già il mese scorso era stata diffusa la notizia che la Regione Veneto Veneto avrebbe deciso di procedere all’avvio dello studio epidemiologico sulla popolazione esposta a Pfas – studio che, ricordiamo, era stato deliberato già nel 2016, ma poi non condotto per ragioni mai davvero chiarite. I comitati cittadini, tra cui le Mamme No Pfas, avevano tuttavia subito chiesto che la Regione fornisse i dettagli della cosa: in particolare chi avrebbe condotto lo studio, con quali tempistiche e modalità.

La cosa è di particolare rilievo in questo periodo alla luce anche di quanto emerso nelle udienze, che proseguono, del processo ai manager di Miteni – l’azienda accusata di aver contaminato la falda: secondo quanto riferito dalla stampa diversi cittadini stanno infatti testimoniando che, pur avendo valori elevati di Pfas nel sangue, la Regione non ha poi dato seguito agli ulteriori accertamenti che avrebbero dovuto essere effettuati dopo il primo screening. Chi ha potuto si è quindi pagato gli esami di tasca propria, ma altri hanno rinunciato appunto per questioni economiche.

Da segnalare poi, sempre in quanto a testimonianze dei cittadini, l’intervento delle Mamme No Pfas a Bruxelles su invito dello European Environmental Bureau (EEB – Ufficio Europeo dell’Ambiente). L’occasione era la riunione semestrale del Chemical Working Group sui prodotti chimici, in cui si è discusso appunto di Pfas e della necessità di una sempre maggiore restrizione del loro uso fino alla messa al bando. «Portiamo la nostra testimonianza, le nostre preoccupazioni per l’estendersi della contaminazione dal Veneto, al Piemonte, alla Lombardia e ad altre regioni dell’Italia, e anche fuori dall’Italia – hanno affermato le Mamme –. Chiediamo a tutti, dai cittadini alle istituzioni, dal mondo dell’economia e dell’industria a qualunque altro soggetto interessato, di diventare parte attiva di un processo di cambiamento epocale, fondato sul principio “One Health”: il principio per il quale la salute delle persone è legata indissolubilmente alla salute dell’ambiente in cui vivono».

Tornando invece al fronte processuale, è da registrare l’archiviazione da parte del Gip del Tribunale di Vicenza Roberto Venditti del procedimento penale per le malattie degli operai Miteni. Sdegno per questo provvedimento, che di fatto costituisce la negazione del legame tra esposizione agli Pfas e le patologie da cui le persone esposte sono state colpite, è stato espresso non solo dalle mamme No Pfas ma anche da altre realtà – su tutte Cgil Vicenza, che era parte del processo.

In un tale contesto, emerge con ancora maggiore importanza la ripartenza del percorso educativo “One Health – Inquinanti per sempre”: un’iniziativa avviata nel 2018 dal Gruppo Educativo Zero Pfas e che ha sinora incontrato oltre 7 mila studenti e mille tra genitori e docenti in 32 scuole. Si tratta di un percorso in tre opzioni – il progetto educativo “One Health. Salute e pratiche di cittadinanza attiva nella terra dei Pfas”, l’incontro strutturato di sensiiblizzazione “One health. Ruolo attivo dei giovani contro il degrado ambientale” e la serata per adulti “One health. Pfas: confronto tra generazioni nella cittadinanza attiva” – mirato alla formazione di una coscienza critica e alla promozione della cittadinanza attiva, anche tramite consulenze mirate, incontri con attivisti ed esperti, ed uscite didattiche nei luoghi contaminati. «Ci siamo guadagnati sul campo stima e considerazione in forza delle nostre competenze di medici, esperti del territorio, educatori e attivisti – spiega la coordinatrice del Gruppo, Donata Albiero – e del metodo di apprendimento attivo adottato con gli studenti. Da parte mia, avendo lavorato per molto tempo nella scuola e negli ultimi trent’anni come dirigente scolastica, mi è stato facile capire le difficoltà burocratiche e i passaggi all’interno della scuola che potevano bloccare la partecipazione della scuola al nostro percorso educativo e quindi cercare sempre di offrire flessibilmente soluzioni concordate». Sono quattro le scuole al momento coinvolte per l’anno scolastico 2023-2024, ma si stanno pianificando interventi anche con altre sette per i primi mesi del 2024. «Il nostro lavoro con i ragazzi si basa sulla cittadinanza attiva per farli diventare “partigiani del territorio” e “sentinelle di democrazia” – conclude Albiero -. Vogliamo in altre parole rendere gli studenti protagonisti nel territorio in cui vivono. “Coltivate il senso di responsabilità, è l’unico che rende cittadino attivo” è diventato, perciò, l’appello finale al termine di ogni corso».

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