Petrolio e spaghetti
Se la triplicazione in pochi anni del prezzo del petrolio non ha indotto finora l’inflazione o la recessione che si poteva temere, è perché nello stesso periodo quella metà dell’umanità che vive in Asia, con i suoi prodotti a basso costo, ha pesato sull’altro piatto della bilancia, senza però che l’importanza geopolitica del fattore energetico ne venisse sminuita, anzi. Infatti in questo frangente i profitti record realizzati dalla multinazionali a causa degli aumenti dei prezzi, hanno indotto questi Paesi a ricuperarli in futuro per le loro National Oil Company. Alcuni Paesi del Golfo Persico lo hanno fatto saggiamente, continuando a trarre vantaggio dai servizi delle multinazionali, ma imponendo, tramite nuovi contratti, che queste venissero compensate con quantità di petrolio non più prefissate, ma calcolate in base al prezzo di mercato. Altri, come la Russia, hanno bloccato le attività delle società petrolifere, esigendo enormi risarcimenti per danni ambientali, finché non hanno ottenuto una maggiore partecipazione all’impresa. Esempio che sembra voglia seguire il Kazhakistan nei confronti di un consorzio guidato dall’Eni. Altri ancora, come il Venezuela e la Bolivia, hanno nazionalizzato tutte le attività, rischiando di non essere in grado da soli di sviluppare le loro risorse come sarebbe stato possibile con l’aiuto esterno: le attuali tecnologie di estrazione di petrolio e gas, infatti, sono molto sofisticate, per operare in fondali marini di millecinquecento metri, solo con robot e a 150 atmosfere di pressione, servono tecnologie più avanzate di quelle necessarie ad andare su Marte. In questo scenario, l’emergenza ambientale accresce l’importanza dei combustibili ecologici, che oggi hanno quale eroe positivo il Brasile, che sta avviando nel Mato Grosso su terreni incolti la produzione di grandi quantità di alcol da canna da zucchero e di biodiesel da legumi. Ma esiste anche un eroe negativo, cioè gli Usa, il cui presidente Bush, improvvisatosi ecologista, ha concesso grandi incentivi per la produzione interna di alcol. Non potendosi però valere in quei climi di piantagioni di canna da zucchero, l’alcol viene prodotto a costi molto più alti dal mais, con il risultato di fare impennare il prezzo dei cereali utilizzati per l’alimentazione animale e umana. Ce ne accorgeremo purtroppo anche noi, non solo andando a mangiare carne al ristorante, ma anche comperando gli spaghetti per le nostre tavole.