Il “peso” delle notizie

Grande scalpore in Francia per le accuse di molestie sessuali contro il nunzio a Parigi Luigi Ventura. Pochi giorni prima, la notizia della visita del papa negli Emirati aveva suscitato un interesse minimo. Perché questa diversità di trattamento sui media?
Il presidente Macron e il nunzio apostolico in Francia Luigi Ventura.

Un lettore di Parigi ci scrive: «Come mai suscita tanto scalpore un infimo episodio di molestie sessuali riguardanti il nunzio, senza prove d’altronde, e la visita del papa nella penisola arabica è passata praticamente sotto silenzio?». Senza voler dare giudizi sull’obiettività dei media d’Oltralpe, si può facilmente costatare che le grandi testate quotidiane, tra cui ad esempio il giornale più prestigioso di Francia, Le Monde, nello spazio di 10 giorni sui loro siti hanno dato rilevanza assai diversa a due eventi riguardanti la Chiesa cattolica: per la visita storica del papa ad Abu Dhabi, con la firma del fondamentale documento di dialogo islamo-cristiano firmato con il rettore di al-Azhar, sono stati predisposti articoli di quarta o quinta fila (per giunta, il focus dell’interesse era spesso posto sulle dichiarazioni fatte dal papa in aereo sugli abusi dei preti contro le suore), pezzi generalmente di copia-incolla da agenzia, e invece sono state riservate lunghe aperture per le accuse di aggression sexuelle, cioè di molestie di carattere sessuale, riguardanti il nunzio apostolico a Parigi, Luigi Ventura.

Papa Francesco e Ahmed el-Tayeb

Perché questa diversità di trattamento per due notizie che, per un cattolico, hanno un peso assolutamente asimmetrico, ovviamente nella direzione contraria rispetto alle scelte editoriali fatte dai quotidiani francesi? Cercando di non lasciarsi coinvolgere dalle nostre convinzioni personali, non possiamo non costatare, in primo luogo, come una notizia “positiva”, la firma di un semplice documento come quella di Abu Dhabi, abbia ben poco impatto mediatico rispetto a un’accusa di “palpeggiamento” nei confronti di un dipendente del comune di Parigi da parte dell’ambasciatore del papa nella capitale francese. Montanelli diceva che, se un cane morde un uomo, non c’è nessun interesse per la stampa, mentre se un uomo morde un cane, ecco che l’interesse si risveglia. È quello che esce dalla norma che interessa i lettori, da che mondo è mondo, e non solo dopo l’irruzione della rivoluzione digitale. La quale, certamente, con l’immediatezza del web accentua la polarizzazione delle news – che siano vere o false poco importa – verso lo scandalo, l’eccentricità, lo scontro, il sangue, il sesso perverso e via dicendo.

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In secondo luogo, nella scelta delle notizie cui dare spazio si privilegiano quegli argomenti che solleticano la curiosità della gente ma non la loro suscettibilità. In un recente convegno di giornalisti, proprio in Francia, non pochi colleghi si interrogavano sulla tendenza dei media ad «accarezzare il cane nel senso del pelo» e non «contropelo». Così parlare di dialogo coi musulmani in Francia – ma certo non solo Oltralpe, ma in generale in tutt’Europa – in questo momento non è il massimo del politicamente corretto, anzi gran parte della popolazione non ne vuole proprio sentir parlare. Gli editori, ovviamente, più che i giornalisti, sono molto attenti a privilegiare gli argomenti che la gente ama sentirsi raccontare, piuttosto che quello che crea fastidio o rivolta. Anche questo è un dato di fatto “oggettivo”, riscontrabile sui media di maggior diffusione.

In terzo luogo, le società globalizzate hanno la tendenza a privilegiare il lato spettacolaristico della vita sociale, e quindi anche delle notizie. La «società dell’effimero» (Lipovetski), la «società dello spettacolo» (Debord), o ancora la «società del divertimento» (Sartori), che non sono più “profezie” dei vati della comunicazione, ma sono ormai realtà, tendono a privilegiare tutto quello che permette di fare cassetta col gossip, con lo scandalo, con la derisione delle istituzioni.

Certo, queste tendenze nascondono alcuni pericoli di gravità inedita, come la questione della verità delle notizie (le fake news), dell’attentato alla buona fama dei singoli e delle istituzioni semplicemente indagati, ma anche della stessa “tenuta sociale” di comunità civili che si nutrono di gossip e di irrazionalità. Curiosamente, in epoca di attenzione spasmodica per la privacy, il rischio della manipolazione cresce in modo esponenziale: si può modificare la voce o l’immagine di una persona stravolgendone le intenzioni. Serve regolazione, serve governance della comunicazione mediatica, è vero ed è urgente agire.

Ma non bisogna scandalizzarsi: così è, oggi bisogna convivere con tali tendenze, che non cambieranno domani né dopodomani. Le nuove categorie della visibilità sul web hanno anche taluni aspetti positivi, come il fatto che ormai è difficile tenere atteggiamenti discutibili o commettere reati senza rischiare di venire scoperti dalla telecamera di un telefonino rimasto acceso, da un fuori onda maligno, da una denuncia sui social che coagula altre accuse fino a divenire onda planetaria. Gli scandali della pedofilia che hanno colpito la Chiesa cattolica spesso non sarebbero venuti alla luce senza la “civiltà digitale”. Che talvolta è incivile, è vero, sia nei metodi che nelle intenzioni, ma che ha aiutato in molti casi all’emergere della “verità”.

In questi casi anche le reazioni indignate e pur legittime dei cattolici – del tipo: «Non c’è uno straccio di prova»; «e tutti gli altri che commettono atti del genere?»; «c’è un complotto contro la Chiesa» – spesso e volentieri sono controproducenti, e sortiscono l’effetto non voluto, cioè quello di ingigantire le accuse anche se false. Ben ha fatto Alessandro Gisotti, il direttore della Sala Stampa vaticana, a reagire con calma olimpica: «La Santa Sede ha appreso a mezzo stampa che è stata avviata un’inchiesta da parte delle autorità francesi nei confronti di mons. Luigi Ventura, nunzio apostolico a Parigi. La Santa Sede rimane in attesa del risultato delle indagini».

Lo screenshot del sito di 'Le Monde' con la notizia dell'inchiesta sul nunzio apostolico in Francia.
Lo screenshot del sito di ‘Le Monde’ con la notizia dell’inchiesta sul nunzio apostolico in Francia.

Soprattutto, come fa solitamente papa Francesco, non bisognerebbe vedere il diavolo dappertutto. Bisognerebbe rispettare la professionalità dei giornalisti, andrebbe dato atto che il loro lavoro è spesso utile per arrivare alla verità, bisognerebbe incoraggiarli e caso mai invitarli a una scrupolosa attenzione alle regole deontologiche, con sincerità ma senza astio. La Croix, quotidiano cattolico di Francia, non ha esitato, forte di questa indipendenza di giudizio che andrebbe lasciata alla stampa responsabile, a scrivere un articolo fortemente critico nei confronti del nunzio di Parigi e di certi suoi comportamenti. Un effetto della reazione moderata del Vaticano? Le Monde ha oscurato l’articolo su mons. Ventura e altri quotidiani francesi hanno fatto scendere la notizia nei loro siti sotto la schermata iniziale.

Così facendo, con un tale atteggiamento non “barricadero” ma rispettoso dell’autonomia della stampa, si “rischia” pure che, al momento opportuno, la notizia-non-notizia di Abu Dhabi ritrovi spazio sui media per la volontà di questo o quel giornalista, anche in ambito “laico”. Per mons. Ventura, meglio aspettare l’esito delle indagini.

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