Il peso del lavoro
Le riorganizzazioni industriali con spacchettamento delle fabbriche e vendita a diversi compratori per eventuali riconversioni dell’azienda quasi mai tengono conto delle esigenze degli operai, delle loro situazioni personali, spesso dolorose. Nei mesi scorsi è salita agli onori della cronaca la protesta di alcuni operai della provincia di Napoli che, dopo aver lavorato tra i 10 e i 25 anni nell’indotto ex Ansaldo-Breda, oggi Hitachi, sono stati licenziati. Nel passaggio da Finmeccanica alla nuova società era stato richiesto il mantenimento dei posti di lavoro ma, alla prova dei fatti, dei 48 dipendenti, 30 sono stati effettivamente assunti, 14 hanno accettato il trasferimento e 4 sono stati licenziati. Era stato richiesto loro di recarsi a Porto Marghera, in provincia di Venezia, per un periodo di formazione di un anno. I 4 uomini non erano in grado di trasferirsi a causa di diverse difficili situazioni familiari. In particolare, uno di loro, Aniello De Lucia, era impegnato nell’assistenza della figlioletta di pochi mesi, colpita da un tumore al cervello, morta, poi, a metà settembre a Genova. Nel mese di luglio hanno, dunque, deciso di rendere visibile la propria protesta, incatenandosi davanti alla fabbrica, prima, e arrampicandosi su una gru, in piazza Municipio, a Napoli, poi. La solidarietà non si è fatta attendere, anche le istituzioni e la Chiesa sono state accanto a questi operai e alle loro famiglie. In particolare, il prefetto di Napoli, Carmela Pagano, ha convocato le parti a un tavolo di trattative, al quale, però, Hitachi non si è presentata, contestando la ricostruzione del rapporto di lavoro fatto dagli operai. Altri operai del sindacato Slai Cobas, fatti segno negli anni scorsi di iniziative simili, hanno prestato la propria collaborazione. La Chiesa di Napoli, con don Tonino Palmese, a nome del cardinale Sepe, e il Comune partenopeo, con l’assessore Roberta Gaeta, sono stati accanto ai lavoratori. Don Peppino Gambardella, sacerdote della diocesi di Nola, da sempre impegnato al fianco degli ultimi e delle persone in difficoltà, ha fatto suo questo dramma del lavoro, recandosi ripetutamente sotto la gru. La situazione degli operai si era fatta molto seria, perché avevano deciso di effettuare anche lo sciopero della sete.
Don Peppino si è caricato della preoccupazione delle famiglie e, assieme ad altri, è riuscito a convincere gli operai a sospendere la protesta, in attesa del reintegro da parte dell’azienda, che dovrebbe arrivare in tempi brevi. Risultati concreti non ce ne sono ancora, ma il coinvolgimento di tante persone e la grande solidarietà che si è messa in moto fanno ben sperare.