Peschereccio italiano rilasciato dai libici
Un peschereccio italiano è stato sequestrato e poi rilasciato dai militari libici dopo l’intervento della Farnesina: è il Tramontana di Mazara del Vallo, fermato a 60 miglia dal porto di Misurata. Una motovedetta libica lo ha agganciato e alcuni militari soni saliti a bordo, dirigendosi poi verso le coste libiche.
È l’ultimo episodio, in ordine di tempo, che si è verificato nel mar Mediterraneo. Il precedente si era verificato il 10 ottobre scorso: le motovedette libiche spararono contro il “Matteo Mazarino” e l’”Afrodite Pesca”, costringendoli a far rotta verso le coste libiche. Allora, si trattò di un sequestro-lampo. Navi e pescatori vennero infatti rilasciati due giorni dopo.
Quello di ieri, dunque, sembra un episodio di un film già visto. A bordo del ‘Tramontana’ ci sono sei membri dell’equipaggio più il comandante, Nicola Bono.
Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, e il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, hanno seguito la situazione rassicurando le famiglie sulle condizioni dei pescatori. La Farnesina, tramite l’ambasciatore in Libia, ha poi ottenuto il rilascio del natante italiano e del suo equipaggio.
L’imbarcazione italiana si trovava nel tratto di mare antistante la Libia, insieme ad altre imbarcazioni. Si tratta di acque internazionali, un’area che però la Libia, unilateralmente, dal 1973, ha dichiarato “baia storica” ritenendole quindi di sua esclusiva pertinenza. Una dichiarazione non riconosciuta dalla comunità internazionale, ma che ha permesso allo Stato sub-sahariano di provare ad esercitare una forte pressione nei confronti della marineria di altri Paesi, per prima l’Italia, cercando di impedire l’attività di pesca in una zona che invece è considerata molto fruttuosa e ricca.
Secondo le norme internazionali, una ‘baia storica’ non può superare le 24 miglia e il golfo della Sirte è largo ben 300 miglia.
Sulla base di questa rivendicazione, la Libia ha deciso di far partire la zona di protezione della pesca a 62 miglia dalla costa, oltre alle 12 miglia delle acque territoriali. Questo fa sì che buona parte del Mediterraneo venga considerata dai libici zona di pertinenza territoriale e vietata alla libera pesca di altri Paesi. La zona contesa è la più pescosa, molto appetita, ovviamente, dai pescatori mazaresi, che ambiscono a superare quel confine non riconosciuto da nessuno, pur sapendo di correre gravi rischi.
Peraltro, la Libia non ha un’attività di pesca che consente di sfruttare quelle acque. Non l’ha mai avuta, ancor meno in questi anni in cui il Paese è dilaniato dalla guerra.
Il conflitto, mai sanato da un accordo internazionale, ha reso incerta e sempre piena di rischi l’attività di pesca nel Mediterraneo. E ieri, a farne le spese, è stato il Tramontana.