Perù, il buio di Sendero luminoso

Cinquanta anni fa nasceva l’organizzazione terrorista che scrisse le pagine più buie della storia contemporanea del Paese. Circa 100 mila i morti e gli scomparsi e migliaia gli sfollati. Una profonda ferita che rimane ancora aperta
Rosmery Cueva-Sáenz/picture-alliance/dpa/AP Images

«Soltanto partecipando a una riflessione fatta insieme potremo costruire un Paese che rispetti i diritti umani, nel quale la violenza non sia mai il modo di risolvere i conflitti e dove nessuno si senta escluso».

Così si legge nel Lugar de la Memoria, la Tolerancia y la Inclusión Social (Lum), il museo multimediale costruito appositamente per custodire la memoria di vent’anni di violenza perpetrata, sia dal gruppo terrorista, sia dalle forze armate, nei confronti delle inermi popolazioni civili, specie nelle regioni più povere del sud del Perù.

La riflessione l’abbiamo fatta anche con un gruppo visitando il museo per la prima volta. Abbiamo provato una fortissima emozione confrontandoci con le testimonianze multimediali dei sopravissuti ad atroci soprusi e tormenti. Siamo usciti con più domande che risposte, provando vergogna per appartenere alla specie umana, l’unica capace di tanta crudeltà in nome di una ideologia o per contrastarla.

I numeri: secondo la Comisión de la Verdad y la Reconciliación (Cvr), le persone uccise dal 1980 al 2000 sono state 69.280, 20.511 gli scomparsi e 600 mila quelli costretti a lasciare le loro abitazioni per timore a perdere la vita.

La storia: Sendero Luminoso (Partito comunista del Perù sul sentiero luminoso di Mariátegui, Sl), gruppo guerrigliero di orientazione maoista, nasce nell’anno 1970 nell’ambito universitario.

Il suo fondatore, Abimael Guzmán, insegnava filosofia all’Università di Huamanga (Ayacucho) nel sudest del Perù, una delle regioni andine più depresse e dimenticate dallo Stato. Il 35,5 % dei membri erano universitari, nonostante solo il 7,7 % della popolazione peruviana lo fosse.

Paradossalmente, l’organizzazione era nata per “liberare” i poveri e gli indigeni dallo Stato oppressore, capitalista e autoritario. Ma in breve Sl, fortemente ideologizzato, è diventato più autoritario del sistema che contestava e, alla fine, il 79 % delle vittime registrate erano indigeni che abitavano nelle zone rurali e che avevano il quechua come lingua materna.

Per vent’anni, la vita delle loro comunità è stata spezzata e tanti paesi sono stati distrutti, gli abitanti reclutati con la forza (anche i bambini) o hanno subito torture, assassini di massa, violenza sessuale, danni economici e soprusi di ogni genere. Sono state trovate circa 400 fosse comuni, come quella nella giungla del Perù centrale che contiene i resti di circa 800 indigeni asháninka, ma in tante ancora non sono stati identificati i corpi. Nel museo si conservano alcuni oggetti di proprietà delle vittime: vestiti, catenine, biglietti, disegni… per non dimenticarli.

Tra il 1980 e 1985 lo Stato si è difeso in qualche modo, con le forze armate impreparate e proprio per questo più delle volte ha commesso le stesse atrocità di Sl contro i civili ritenuti, in modo sommario, complici dei terroristi. Quando in realtà non avevano altra scelta che sottostare alla guerriglia pena essere uccisi. In seguito, l’esercito sviluppò uno stile di repressione più selettivo, evitando le carneficine precedenti.

Il 1º ottobre 1992 Sl uccise l’italiano Giulio Rocca, volontario dell’Operazione Mato Grosso, accusato, con le opere di volontariato, di «addormentate le coscienze dei poveri». Anche le iniziative solidali delle Chiese e organizzazioni cristiane sono state perseguite con la stessa accusa.

Pochi mesi prima, avvenne l’autogolpe del presidente Alberto Fujimori, il quale scatenò una feroce caccia ai terroristi riuscendo a catturare i principali responsabili dell’organizzazione.

Dov’è finito Sl? Oggi ci sono dei piccoli gruppi che si rifanno al nome più che all’ideologia maoista, che si trovano nelle zone di produzione della coca. Giorgia Cardillo, della Luiss, afferma nella sua tesi di laurea che «parlare di Sendero Luminoso oggi significa parlare non solo di terrorismo ma anche di narcotraffico, i cui ricavi vengono usati per finanziare l’organizzazione rimanente, e di legami con altre organizzazioni narcotrafficanti, come la Farc, in Colombia».

La storia ufficiale attribuisce la vittoria – anche se non piena – alle forze dell’ordine dello Stato. Ma secondo l’autorevole opinione della studiosa Margarita Recavarren, che per anni ha indagato da diversi punti di vista sul fenomeno Sendero Luminoso, il successo è da attribuirsi «all’umile popolo peruviano che ha saputo rifiutare energicamente la violenza e ha scelto la pace».

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