Perú, braccio di ferro sulla democrazia
Mentre la leader di Fuerza Popular, Keiko Fujimori, finisce in manette per lavaggio di denaro, in mezz’ora il suo partito impone in parlamento una legge che impedisce a suo padre di tornare in galera. Pericolose scorciatoie per una democrazia instabile.
Il braccio di ferro tra il fujimorismo rappresentato nel parlamento del Perú da Fuerza Popular, dove gode della maggioranza, e il governo del presidente Martín Vizcarra, sostenuto da una minima pattuglia di legislatori, continua e questa settimana il gruppo che fa capo a Keiki Fujimori ha ottenuto una sua vittoria. Nel giro di mezz’ora ha approvato una legge ad personam che va a beneficio di suo padre, Alberto Fujimori, al quale la Corte Suprema ha annullato l’indulto ottenuto a Natale scorso.
La legge dispone che i condannati con più di 78 anni, che hanno scontato un terzo della pena, potranno accedere agli arresti domiciliari, sotto stretto controllo delle autorità. Il provvedimento, consente all’ex dittatore – rifugiatosi in un ospedale per controlli medici non appena annullato l’indulto per mancanza di requisiti legali – di non tornare in carcere. Tutti sono uguali davanti alla legge, ma alcuni sono più uguali degli altri se hanno fondato un partito disposto a passare sopra la giustizia.
Visto sotto questo punto di vista, il vero braccio di ferro non è tra il fujimorismo e il governo, ma tra questo settore e la democrazia, della quale piuttosto che servirla vuole servirsene. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco. Lo segnala l’arresto in settimana della stessa Keiko, accusata di riciclaggio di denaro. La leader di Fuerza Popular ed una decina di dirigenti del partito sono finiti in manette perché non possono spiegare la presenza di 1,2 milioni di dollari nelle casse del partito. I soldi provengono dalla brasiliana Odebrecht, l’azienda edile che ha seminato di mazzette l’America Latina, i cui proprietari e manager hanno già ammesso da tempo le proprie colpe. Hanno anche pagato una multa di 3,4 miliardi di dollari a Usa, Brasile e Svizzera pur di evitare ulteriori indagini. In cambio, hanno fatto i nomi eccellenti dei destinatari di alcune delle tangenti pagate per ottenere concessioni o benevole “donazioni”: il vicepresidente dell’Ecuador, due ex presidenti del Perù, ministri argentini e partiti politici di ogni colore. Nel dubbio, in Colombia finanziavano partiti di governo e di opposizione.
Dunque, gli inquirenti sanno che il denaro ottenuto da Fuerza Popular proviene da fondi “non contabilizzati”. Uno dei massimi esponenti della giustizia peruviana aveva da tempo frenato le indagini che avrebbero messo in imbarazzo la Fujimori, e fa parte dello scandalo che ha portato alla destituzione del Consiglio della Magistratura e in carcere vari giudici, mentre su altri si accumulano gravissime accuse. Vizcarra, per tale ragione ha promosso un referendum dopo aver ottenuto il voto del parlamento (unicamerale) per riformare il Potere giudiziario. Ovviamente, Fuerza Popular ha cercato di neutralizzare l’intento finché, di fronte all’ostruzionismo, Vizcarra ha ricordato che ha la facoltà di sciogliere il parlamento e convocare nuove elezioni. Nel giro di poche ore, le modifiche alla costituzione sono passate e a dicembre si pronuncerà il popolo.
Il fujimorismo ha ceduto anche per le migliaia di manifestanti che in varie città del Paese esigono di mettere fine a una corruzione endemica. La débacle di Fuerza Popular nelle recenti elezioni regionali pare segnalare che ormai si avverte che questo partito funziona contro la democrazia e che si è stanchi di un dominio politico e di un metodo che hanno marcato la storia politica recente del Perú, al punto che pur non governando (due volte Keiko, come Marine Le Pen, ha perso le presidenziali al secondo turno dopo aver vinto al primo) la governabilità dipende da questo partito.
La situazione del Perú è però un avvertimento per tutta l’America Latina, dove in vari casi, pur rispettando formalmente la legge, si è entrati in circoli viziosi che soffocano la democrazia, vedi la situazione in Brasile ed in Nicaragua. Per garantire lo stato di buona salute della democrazia, Norberto Bobbio suggeriva di evitare le scorciatoie. Il bene comune è la strada da non perdere mai di vista per non essere preda del canto delle sirene del potere.