Perú, Aguchita con un piede nel cielo

Aguchita è il nome della religiosa peruviana che è stata inserita nei giorni scorsi tra i prossimi beati. Nata nel sud rurale del Perù, ha sempre lavorato con passione per i poveri. È stata uccisa nel 1990 da un gruppo terrorista di Sendero Luminoso, insieme a sei persona di una comunità indigena. Tra i motivi dell’esecuzione, quello di aver lavorato per loro.
Indigeni Ashaninkas (AP Photo/Rodrigo Abd)

«Aguchita, tu vivi con un piede nel cielo». La frase, colma di ammirazione, proveniva dal sacerdote che stava conducendo gli esercizi spirituali ignaziani ed era diretta a Antonia Luzmila Rivas López, da tutti conosciuta come Aguchita. È il diminutivo di Agostina, il nome che aveva preso ricevendo l’abito delle Sorelle del Buon Pastore, la congregazione fondata nel XIX secolo da santa Maria Eufrasia Pelletier. Il sacerdote aveva colto lo spessore di quest’anima servizievole, concreta, sempre pronta ad aiutare, amante dei più poveri.

Aguchita nasce nel 1920 in Perú, in una zona rurale. È la prima di 11 figli di una famiglia modesta ma felice, un ambiente sereno dove apprenderà ad amare la natura e Dio. Glielo insegneranno i suoi genitori, insieme all’amore per i poveri e per la preghiera. La sua è una infanzia gioiosa, circondata dall’affetto della famiglia.

L’intuizione di una chiamata alla vita religiosa sarà confermata dall’apparire della vocazione sacerdotale di suo fratello. Nel 1938 entra a far parte della famiglia del Buon Pastore. La morte della mamma la mantiene vicina alla famiglia alla quale deve dedicarsi. Approfitta delle ore notturne per organizzare il suo lavoro e per pregare. Vorrebbe essere nella foresta tra i contadini e nelle zone pericolose. Ma intanto è dove bisogna stare. Rimpiazza le compagne in vacanza, si offre per prendersi cura di qualcuna di loro che è ammalata.

Aguchita

Non sa dire no. La risposta a una richiesta è sempre: «Vediamo che possiamo fare». Accompagna tutti, le donne del villaggio dove vive, qualcuna sostenuta fino a poter diventare sposa e madre, aiuta chi è in difficoltà a trovare un lavoro. Riunisce spesso le mamme di famiglia e insegna loro ad organizzarsi in piccole attività produttive per sbarcare il lunario. Quando vedono apparire quella suora al mercato le fanno subito arrivare in regalo frutta e verdura, perché lei porta sempre a tutti una ventata di aria pura, di pace. Un giorno, alcuni ladruncoli circondano un malcapitato, ed è lei con cipiglio severo che li smonta: «Siete troppo giovani per ottenere denaro in questo modo, cercatevi un lavoro».

Aguchita sa ascoltare ed è intuitiva. Offre immediatamente il suo silenzio a chi ha bisogno di sfogarsi. Si dedica alle ragazze. Hanno messo su una scuola di formazione professionale e lei, che non ha studi specifici, è un’ottima insegnante. Evita la cattedra – che separa – e si siede tra le ragazze. In questo modo riesce ad insegnare loro a tessere il poncho colorato che useranno come uniforme. Predilige quelle che hanno problemi nell’apprendimento e trova sempre la strategia adeguata per superare gli ostacoli, adattandosi a ciascuna. I pedagoghi direbbero: facendo mediazione.

Abimael Guzmán (da Wikipedia)

Alla fine degli anni ’80 la troviamo in una zona rurale, teatro dello scontro armato tra l’esercito e la guerriglia di Sendero Luminoso. Nessuno va per il sottile quando usa le armi. Abimael Guzmán, alias Gonzalo, il fondatore del gruppo, si ispira al maoismo e ad altri ideologie, ma è la sua matrice personale oltranzista e crudele che lo contraddistingue. A tal punto che viene aggiunto “Pensiero Gonzalo” al nome del gruppo, che controlla numerosi settori del Paese in modo spietato. Vogliono far piazza pulita dello stato “borghese” e dei suoi rappresentanti. Ma eliminano chiunque sia loro inviso. Le persone assassinate, spesso da ragazzini, si calcolano fra 37 e 48 mila. Siamo nel regno del terrore. In varie località appaiono e si limitano a inneggiare i loro slogan o a scriverli sui muri, in altre fanno scempio della popolazione.

Aguchita non si tira indietro e resta a La Florida, vive con gli indigeni Ashaninkas. Il 27 settembre 1990 arriva nel villaggio un gruppo armato, tra loro anche bambini di 10-12 anni, che impone a tutti di andare in piazza. Lei, che stava cucinando, si attarda a spegnere i fornelli e per questo viene accusata di disobbedienza e messa insieme alle persone il cui nome appare in una lista, dove c’è anche quello di una consorella, che è però assente. «Pagherai per lei», le dicono. I capi d’accusa sono: lavorare per gli Ashaninkas, parlare di pace e non fare nulla, distrarre le bambine con caramelle, distribuire alimenti, organizzare le donne e il lavoro delle religiose tra i poveri. Con lei vengono uccise altre sei persone. A sparare, una ragazza di 17 anni.

Il decreto pontificio di questi giorni la inserisce tra i martiri. Si direbbe che Aguchita ha messo anche l’altro piede nel cielo. Ma io credo che quel piede è ancora sulla terra, insieme a quanti lavorano per la pace.

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