Perle e acuti, nell’inferno di Doha
Strepitosa Giorgi
“Una gara difficile per tutti: nessuno è abituato a competere in queste condizioni. Per me questa medaglia ha un valore inestimabile, è qualcosa di grande, al termine di una stagione magica. La dedico a me stessa, per aver tenuto duro e aver creduto in questo sogno senza mai arrendermi”. E’ raggiante, e ne ha ben donde, Eleonora Giorgi, medaglia di bronzo nella 50 km di marcia ai Mondiali di atletica in corso a Doha. Il suo è un vero e proprio inno alla tenacia. Per la trentenne milanese, già dottoressa a pieni voti in economia alla Bocconi, è forse il traguardo più significativo di una carriera già prestigiosa, cui mancava solo l’acuto in una rassegna globale. Regala all’Italia una preziosa medaglia, la prima per il nostro paese a Doha: strameritata, al termine di una gara durissima come forse nessuna mai, dove scene di fatica estrema hanno rubato la scena imponendo dubbi fondati sulle scelte organizzative della rassegna stessa.
Ma è davvero sport, questo…?
Dopo la maratona femminile, anche questa 50 km, con partenza alle 22.30 italiane e arrivo poco prima delle 4 del mattino, sempre lungo la Corniche, il lungomare di Doha, su un circuito illuminato artificialmente da ripetere 25 volte, ha presentato condizion di caldo-umido davvero ai limiti della sopportazione. La portoghese Ines Henriques, campionessa uscente, è solo una delle tante costrette al rituro, tra ambulanze e sedie a rotelle che soccorrono atlete svenute. Anche la nostra Eleonora ha due momenti difficili, intorno al 15° km e soprattutto intorno al 34° , con attacchi di vomito. Ma, con le cinesi Rui Liang, già prima nella Coppa del Mondo 2018, e la 26enne Maocuo Li involatesi verso le prime due posizioni, ha la quasi sovrumana forza di riprendersi, alla continua ricerca di acqua e di ghiaccio come tutte. Il tempo finale è di 4h29:13, nettamente più alto rispetto al primato europeo di 4h04:50 da lei realizzato a metà maggio, vincendo in Coppa Europa all’esordio sulla distanza. Ma questa, è davvero un’altra storia, quasi leggendaria, tra le tante che non completano la gara, come anche le altre due azzurre, Nicole Colombi e Mariavittoria Becchetti.
Tortu tra i giganti
Chiusa l’epoca dello scintillante Usain Bolt, gli atleti USA tornano prepotentemente alla ribalta sui 100 metri: Coleman è medaglia d’oro in 9.76 davanti al connazionale campione uscente Justin Gatlin, argento in 9.89. Ma tra i giganti c’è finalmente, clamorosamente, un italiano: Filippo Tortu è entrato di diritto tra i migliori otto del globo, 32 anni dopo Pierfrancesco Pavoni, unico bianco, in grado di chiudere settimo in 10.07. Filippo si è battuto da leone, anche se son è il suo miglior tempo: visto che a Rieti fece anche 9.97, data anche l’età (è nato il 15 giugno ’98), questa potrebbe non essere l’ultima parola…
…comunque questo sì, che è sport
Nella batteria dei 5000 maschili invece, Jonathan Busby, 33enne atleta di Aruba, all’esordio assoluto sulla distanza, crolla a terra a 250 metri dal traguardo dopo avere a lungo dominato. Provvidenziale per lui, quanto inaspettato, l’intervento di Braima Suncar Dabó, 26enne della Guinea Bissau: lo aiuta a rialzarsi, lo abbraccia e lo porta di fatto al traguardo. Nonostante le difficoltà occorse un po’ a tutti in gara, entrambi gli atleti hanno fatto segnare la miglior prestazione personale. Uno dei due, però, registrerà una medaglia dal peso unico nella storia dei mondiali. E questo sì che, nonostante tutto, è sport…