Periferie più giuste, entro il 2030

La transizione ecologica deve essere giusta a partire dalla riqualificazione delle periferie. Un dossier di Legambiente che propone un percorso concreto di interventi mirati per centrare uno degli obiettivi dell’agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile
Periferie - Quartiere Barriera Milano Foto LaPresse

Rigenerare e ripensare le periferie della Penisola per farle diventare entro il 2030 sempre di più luoghi di inclusione sociale, innovazione e sostenibilità: questo il filo conduttore del dossier Periferie più giuste prodotto da Legambiente.

Il dossier è stato costruito intorno a tre assi: analisi dei problemi che, dal punto di vista della transizione ecologica, colpiscono le periferie; contributi di esperti che approfondiscono alcuni aspetti; raccolta di esperienze che presentano percorsi di innovazione sociale.

Un lavoro che vuole avviare una ampia discussione pubblica e non pretende di fare un bilancio esaustivo delle esperienze in campo né di ricostruire il quadro organico dei problemi e delle contraddizioni con cui ci dobbiamo misurare.

Il punto di partenza è dato da un assunto apparentemente semplice: la transizione ecologica o è giusta o non è. La ragione ce lo dice tutto ciò che sta avvenendo in questi anni.

Siamo in una fase di rapidi e drammatici cambiamenti, segnati dalla crescita esponenziale delle disuguaglianze sociali e delle ingiustizie nel mondo, guerra e violenza comprese, che seminano sfiducia, insicurezza, paura che spingono a chiudersi nel proprio orticello individuale, perdendo senso della comunità e voglia di impegnarsi per il bene comune.

Le disuguaglianze non solo sono cresciute ampliando l’area dei poveri e dei vulnerabili, ma sono diventate sempre più pervasive, toccando tutte le sfere della vita sociale e delle singole persone.

Non ha oggi più senso parlare di disuguaglianze solo in riferimento alla dimensione economica, dobbiamo parlare di disuguaglianze sociali, di genere e generazionali, di territorio e di ricchezza comune, di riconoscimento, come da qualche anno ripete il Forum Disuguaglianze e Diversità.

In questo contesto la crisi climatica, la sua rapida evoluzione e l’inerzia della politica, nazionale e internazionale, aggiunge benzina all’incendio, e produce nuove paure (si parla ormai diffusamente di ecoansia) e nuove tensioni, che qualcuno ha pensato bene di incrementare parlando di bagno di sangue, a cui, come afferma don Bruno Bignami nel suo contributo, bisogna contrapporre un bagno di realtà, che ci porta a mettere l’accento sulla necessità di intervenire rapidamente e mettendo i vulnerabili in condizioni di vivere meglio, in un inedito intreccio di giustizia ambientale e sociale.

Le periferie urbane, ma anche quelle territoriali (v. le aree interne del Paese), sono il luogo sintomatico in cui si scatenano le disuguaglianze ambientali, sociali e culturali, ed oggi la transizione ecologica giusta è un’occasione da non perdere per riqualificare le periferie. Una sfida per la quale l’Italia deve accelerare il passo.

Il dossier vuole essere un contributo su questa strada. Il punto di partenza è chiaro: la rigenerazione urbana non è un’operazione solo tecnica o fisica, ma riguarda anche la riqualificazione delle relazioni sociali e di prossimità, il senso di comunità, la qualità dell’ambiente di vita e dei servizi.

Un processo che non può essere affidato solo alla vitalità della società civile, delle organizzazioni di cittadinanza attiva. Oggi quello che manca in Italia è una politica nazionale sulle periferie sostenuta da una strategia e una regia ad ampio respiro, che permetta di moltiplicare e dare coerenza agli interventi sparsi sul territorio. Un vuoto su cui il Paese deve lavorare senza perdere altro tempo.

Capire su cosa intervenire non è difficile. Il dossier propone una road map nazionale in 6 punti, ma è solo un sasso lanciato nello stagno, per suscitare discussione e confronto pubblico, per individuare i pilastri di una politica pubblica per periferie più giuste, socialmente e ambientalmente:
1) una politica intersettoriale dedicata alla rigenerazione delle periferie che tenga conto della riqualificazione fisica, sociale e culturale;
2) un’integrazione degli interventi sulle singole abitazioni con quelli a scala di comunità e di quartiere;
3) la garanzia del diritto ad un abitare dignitoso e bassi consumi energetici attraverso politiche pubbliche strutturali e stabili nel tempo, coerenti con la nuova direttiva europea sulle case green;
4) l’accesso garantito alla “ricchezza comune” come diritto di cittadinanza: ovvero servizi sanitari, sociali, culturali e di istruzione prossimi e di qualità, cura degli spazi pubblici e del verde, mobilità sostenibile, e attenzione a tutti quei fattori che nel territorio riducono e compensano le povertà di ricchezza privata;
5) il diritto di accesso all’energia, contrastando la povertà energetica con politiche strutturali, non affidate solo ai bonus;
6) il contrasto alla povertà educativa attraverso una programmazione che finanzi a livello territoriale i Patti Educativi di Comunità, coinvolgendo i vari soggetti attivi (istituzionali e non) e condividendo la strategia per arricchire le aree periferiche di opportunità educative.Intorno a questi assi, è oggi possibile rintracciare nel Paese reale esperienze di innovazione sociale e di rigenerazione multidimensionale che raccontano un’effervescenza sociale con cui la politica non dialoga, ad eccezione di amministrazioni locali illuminate.

E di queste esperienze il dossier racconta una spigolatura, che non ha nessuna pretesa di esaustività. Tutt’altro! Vuole solo far vedere che si può fare, anzi che si sta già facendo, quasi sempre grazie ad una forte sinergia tra istituzioni locali e partecipazione civica dal basso.

Un tentativo per favorire una discussione aperta con tutti coloro che vogliono occuparsi delle sfide politiche e culturali che ci aspettano da qui ai prossimi anni e che hanno al centro le periferie, perché è qui, come abbiamo detto, che si addensano gran parte delle fragilità e dei bisogni di cui dobbiamo tener conto per affrontare la sfida della transizione ecologica. Parliamo di contrasto alla povertà energetica, di riqualificazione dell’edilizia sociale, di co-housing, di sostegno a qualificare le relazioni di prossimità, magari con presidi associativi, di recupero di spazi pubblici verdi nei quartieri popolari, di partecipazione civica e co-progettazione, di comunità energetiche e di produzione di energie pulite con ricadute sociali, di accompagnamento nell’innovazione tecnologica ed energetica delle fasce sociali più sfornite di strumenti culturali, di riqualificazione delle strutture sanitarie di territorio.

Un’Italia in fermento dove le periferie diventano preziosi laboratori di innovazione, accoglienza e inclusione sociale, contrastando disuguaglianze degrado e povertà.

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