I pericoli della cyber-criminalità
Per l’espansione di “abcd” (intelligenza artificiale, blockchain, cloud e dati) nel continente africano, le minacce continuano a crescere e le pratiche criminali diventano sofisticate. La falsa storia d’amore, ad esempio, è un classico delle truffe online popolari. Secondo l’Interpol, l’obiettivo è aprire conti falsi per sedurre virtualmente le persone alla ricerca di anime gemelle su siti di incontri. Nel 2017, sono state contate quasi 200 mila denunce contro le 180 mila del 2016. Il 50% delle denunce riguardava truffe online e buona parte di queste proveniva da Paesi come Costa d’Avorio o Benin.
Ma non ci sono solo i cuori solitari. L’hacking informatico in Africa è una vera minaccia per gli Stati e le imprese, parallelamente alla crescita del cloud, dell’intelligenza artificiale e dei dati. Impreparate davanti ai cambiamenti, le autorità africane sono sopraffatte dalla portata del fenomeno e chiedono la collaborazione degli occidentali, il più delle volte francesi. La frode in tutte le sue forme rappresenta quasi il 90% dei casi di criminalità informatica in Africa.
In Nigeria, sono chiamati “ragazzi di Yahoo”. Hanno sviluppato un fenomeno chiamato Scam 419. In Camerun, sono i “fayman” (i truffatori) che ora hanno cambiato il loro modo di operare. In Costa d’Avorio, dove i criminali informatici sono chiamati “pascolatori”, il danno finanziario subito dal Paese è stato stimato in almeno 4 miliardi di franchi CFA (6 milioni di euro) all’anno negli ultimi cinque anni, secondo rapporti di attività della piattaforma contro la criminalità informatica (Plcc) creata nel 2011.
Un altro fenomeno, tra i più dannosi per la democrazia, è la proliferazione di notizie false, fake news o infox, diffuse sfruttando il basso tasso di istruzione e di consapevolezza delle popolazioni. Queste notizie false sono spesso dannose per l’immagine di Stati, società intere e singole personalità. In alcuni casi, le autorità ricorrono alla “censura cibernetica”, specialmente in periodi di disordini socio-politici o durante le crisi elettorali.
Tuttavia, questa cyber-censura ha un impatto diretto sull’economia dei Paesi. Nel 2016, in Ciad e, secondo i dati di Internet senza frontiere, i 235 giorni di restrizioni dell’accesso a Internet imposti dalle autorità nel corso dell’anno sarebbero costati almeno 18 milioni di euro all’economia. Secondo un rapporto sull’impatto economico dei blackout di internet nell’Africa sub-sahariana, pubblicato nel 2017 dal Centro internazionale per la promozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Cipesa), con sede a Kampala, in Uganda, la cyber-censura è costata in meno di due anni nella regione circa 237 milioni di dollari. Un enorme deficit che avrebbe potuto essere investito in programmi di sviluppo. Da qui il desiderio dei governi del continente, in collaborazione con l’Occidente, di combattere contro la pericolosità di questi pirati di un nuovo tipo.