Il perdono, una pioggerella doppiamente benedetta
Che un viaggio papale debba essere interpretato soprattutto in chiave pastorale, non ci sono dubbi. Ma nemmeno ce ne sono della valenza politica di questo viaggio in Colombia, che lo stesso Bergoglio aveva condizionato allo sviluppo del processo di pace, che da anni cerca di mettere fine alla violenza politica in questa terra martoriata.
Francesco era atteso da un Paese che cerca faticosamente di mettere a tacere le armi, ma continua ad essere dilaniato dagli steccati politici tra chi appoggia il processo di pacificazione posto in atto e chi vi si oppone strenuamente considerando che si stia concedendo troppo alla guerriglia di sinistra, alle ex Farc, ormai già divenute partito politico, e all’Esercito di liberazione nazionale (Eln), col quale si è stabilito un primo cessate il fuoco bilaterale di 4 mesi. Nel frattempo, anche un cartel criminale, quello del Golfo, si è detto disposto a sottomettersi alla legge in cambio di uno sconto delle pene – non potrebbe esserci negoziato come nei caso dei gruppi guerriglieri –, mentre nelle zone lontane dai grandi centri urbani, gruppi criminali e paramilitari – spesso sono la stessa cosa –, continuano a mietere centinaia di vittime tra gli attivisti della società civile impegnati in azioni di promozione umana e di sviluppo locale.
Col suo fiuto politico, il papa ha avvertito la necessità di appoggiare una pace possibile, pur imperfetta, in alternativa a conflitti che avrebbero mantenuto immobili gli steccati ideologici che sono alla radice della violenza politica.
Francesco non ha avuto pudore fin dai primi passi in terra colombiana nel farlo, invitando al perdono e alla riconciliazione degli animi. «Al di là delle diverse visioni sul modo di ottenere la convivenza pacifica, bisogna persistere nello sforzo di favorire la cultura dell’incontro», ha affermato nel suo incontro con il presidente Juan Manuel Santos. Ed ha avvertito che la ricerca della pace non può deviare in un «desiderio di vendetta e di ricerca di interessi settoriali», ma al contrario bisogna tendere ponti di riconciliazione. «Questo viaggio vuole essere una motivazione per voi, un contributo che spiani il cammino alla riconciliazione ed alla pace… Non serve a niente far tacere i fucili se i nostri cuori continuano ad essere armati». Al governo, il papa ha però ricordato che la pace ha bisogno anche di giustizia sociale, di “leggi giuste” perché una società non la si costruisce «solo con i purosangue… tutti siamo necessari». Parole che fanno centro nella disuguaglianza, che qui raggiunge tra i più alti livelli della regione.
Non è mancata una sferzata ai suoi fratelli dell’episcopato colombiano, circa 130 vescovi, ma dei quali un ristretto numero ha appoggiato fin dall’inizio il processo di pace. A loro il papa – col volto serio – ha ricordato che la Chiesa non può essere di parte e che i vescovi sono chiamati ad impegnarsi in questa ricerca di pace, sapendo che «non sono tecnici o politici, ma pastori». Francesco è cosciente che la Chiesa ha in Colombia un ruolo fondamentale, ma che deve essere al servizio della vita civile senza pretendere di dirigerla.
Le parole del papa sono penetrate negli animi di credenti e non. «Non sono credente, e non credo nella Chiesa, ma spero che la visita del papa ci aiuti a vivere in pace», scrive su Facebook un mio contatto. Una delle adesioni, forse inattesa, all’invito del papa al perdono e alla riconciliazione, è quella di Rodrigo Londoño, leader della Farc, che, in una lettera aperta “implora” il perdono per ogni “lacrima e dolore” provocato dalla sua organizzazione durante il conflitto. «La sua parola di luce è giunta ad illuminare le tenebre che per tanto tempo sono calate sulla vita della nostra nazione. Dio lo benedica, Padre santo», afferma l’ex guerrigliero.
Di perdono e di riconciliazione ne ha ancora parlato il papa a Villavicencio, davanti a 700 mila persone. La città simbolo delle maggiori sofferenze provocate dal conflitto. Ma non solo ne ha parlato Bergoglio, questa parola è fiorita sulle labbra di molte delle 7 mila vittime della guerra con le quali ha avuto un emotivo e speciale incontro. In alcuni casi, le testimonianze hanno avuto il sapore dell’amore eroico. Tra tutte, quella di Mira García, una donna alla quale la violenza ha ucciso prima il papà, poi il primo marito, una figlia, il cui corpo fu rinvenuto 7 anni dopo il suo sequestro, e un figlio. Le circostanze vollero che, tre giorni dopo la morte del suo Jorge, Mira si prendesse cura di un giovane ferito che ammise di essere tra gli assassini di suo figlio, al quale pure ha concesso il suo perdono. «Metto questo dolore e questa sofferenza delle migliaia di vittime della Colombia ai piedi di Gesù, di Gesù crocifisso affinché li unisca alla sua e attraverso la preghiera della sua santità sia trasformato in benedizioni e in capacità di perdono per rompere il ciclo di violenza che nelle ultime 5 decadi ha sofferto la Colombia», ha affermato Mira alla fine del intervento mentre le lacrime solcavano centinaia di volti.
Ha ragione Bergoglio a chiedere di superare gli angusti sentieri della giustizia, necessaria, ma incapace di andare al di là della proporzione tra offesa e pena. La Colombia ha bisogno che la giustizia sia superata da un amore, che la suppone, ma che arriva ai cuori: lì dove si cela l’odio da disarmare. Un gesto civile dunque che può cementare un Paese che ha bisogno di cambiare pagina sapendo che, come ricorda Shakespeare, la misericordia è come una pioggerella doppiamente benedetta, perché beneficia chi la concede e chi la riceve.